Naraine, l’uomo che ha messo il cuore nei frigoriferi

Il ritratto di Che Naraine, un top manager della Whirlpool. Il suo lavoro, le sue passioni e le ragioni della scelta di sponsorizzare la Notte Bianca

Un carisma fuori dal comune. Sarà per questo che intorno a lui circolano tante leggende che ne fanno un leader, che va ben al di là del suo ruolo in azienda. Un sorriso aperto, sincero, di quelli che mettono a proprio agio ogni interlocutore. Il suo lavoro lo porta per almeno due giorni alla settimana in giro per il mondo, poi, il resto del tempo, lo passa a Comerio.
Che Naraine lavora alla Whirlpool dal 1994. Nel gennaio 2003 è stato nominato vice presidente ed è responsabile di tutte le operazioni industriali di Whirlpool Europa con quindici stabilimenti in undici diversi paesi, compresi tre stati africani.

“Sono un uomo fortunato. Amo vivere a Varese. Una delle sensazioni più belle la provo quando torno a casa dopo qualche impegno a Milano e arrivo in autostrada a Buguggiate. In primavera, nelle prime ore della sera, appare con tutte le sue luci il Sacro Monte e sullo sfondo il lago. Una magia, un incanto”.
Che Naraine ha cinquant’anni, vive vicino a Varese ed è letteralmente innamorato dell’Italia. Nato in Sud America, in Guyana, si è laureato a pieni voti con lode in scienze con specializzazione manageriali e amministrative a Londra. Dopo aver lavorato per la casa automobilistica Ford è passato alla Whirlpool e il suo primo ruolo è stato quello di direttore agli acquisti per tutti gli stabilimenti europei e africani. Due anni dopo è andato a ricoprire lo stesso incarico in Asia. Nel 1999 è stato nominato vicepresidente degli acquisti per l’Europa e l’Asia. Nel 2002 è diventato vicepresidente dell’unità produttiva cooking e microwave fino a raggiungere la posizione odierna. 

La Whirlpool, nelle ultime stagioni, ha deciso di investire molto sul nostro territorio non solo su aspetti legati al business, ma anche in diverse realtà sociali. Come mai?

«È semplice. Noi siamo qui e la nostra attività non si ferma alle sole ore di lavoro. Siamo parte di una comunità e dobbiamo preoccuparci anche degli altri aspetti della vita di tutti i giorni. I trasporti, i servizi dei comuni, il tempo libero, la cultura, lo sport sono cose che ci riguardano tutti. Per questo credo che ognuno debba fare la sua parte. I sindaci amministrano le città, altri organizzano eventi, noi siamo una realtà produttiva, ma insieme dobbiamo lavorare per vivere meglio».


Le cose che lei sta affermando fanno parte delle teorie circa la responsabilità sociale dell’impresa. Che ne pensa?

«La maggiore responsabilità che abbiamo tutti è quella di non lavorare solo per il presente. Guardi la nostra azienda: esistiamo da decenni e dobbiamo pensare e lavorare perché questa ci sia ancora tra cento anni. Dobbiamo però essere consapevoli che la nostra responsabilità non si esaurisce con la fine della giornata di lavoro. Ci dobbiamo preoccupare di ogni aspetto della vita e quindi delle famiglie e di tutto quello che riguarda la società. Non siamo solo una fabbrica, un ufficio, un magazzino, ma una parte della comunità. Questi sono valori forti per noi e anche le scelte del managment partono dalla condivisione di una forte eticità».

Temi che in passato, anche se magari con un po’ di paternalismo, erano già presenti nella figura di Borghi e della sua Ignis. Come vivete questa esperienza?

«Bene perché qui si sentono le radici, ben piantate in mezzo alla comunità. Borghi ha fatto molto in questa direzione. Lui era attaccato al territorio e la Ignis era sentita come un patrimonio di tutti. Per noi è un esempio importante».

Quante nazionalità sono presenti a Comerio? E come potete portare la vostra esperienza internazionale su un territorio come quello varesino?

«Nei vertici della Whirlpool lavorano persone di 27 diverse nazionalità. Questo ci aiuta molto nelle scelte perché portiamo intorno al tavolo modi diversi di pensare. È un fattore di forte crescita culturale e ci permette di guardare a come si muove il mondo. Lavoriamo pensando come una grande famiglia con abitudini, stili, modi di vivere diversi. I nostri rapporti vanno oltre il tempo di lavoro e ci frequentiamo anche fuori dall’azienda. Questo è un elemento importante anche per il territorio perché questa multiculturalità aiuta a conoscere meglio l’altro, che sia bianco o di colore».


Questo clima vale solo per i manager o si estende a tutta l’azienda?

«Una nostra responsabilità è anche quella di coinvolgere tutti i lavoratori. Per far questo chiediamo a ognuno di prendersi tempo per parlare con chi lavora. C’è un buon confronto».

A questo proposito come sono i rapporti sindacali?

«Dobbiamo pensare sempre di più al fatto che noi tutti, seppur con ruoli diversi, lavoriamo per la stessa azienda. Non si può fare uno a meno dell’altro. Servono i lavoratori, quanto i manager. Noi dobbiamo affrontare i problemi e collaborare per vincere. Per questo serve una relazione aperta e chiara con il sindacato. Non sempre siamo d’accordo, ma solo lavorando insieme si può far bene».

In passato c’è stato lo spauracchio della delocalizzazione. Come vanno le cose adesso?

«Ho questo lavoro perché in passato sono state prese decisioni buone, non sempre facili, ma alla fine siamo qua. Bisogna saper guardare in faccia i problemi e decidere. È una sfida, ma se non si affronta si rischia molto. Negli ultimi anni abbiamo dovuto risolvere diversi problemi quali i costi delle materie prime, il costo del lavoro, la competizione asiatica. Per sopravvivere è fondamentale esser competitivi. Abbiamo preso anche decisioni difficili come la mobilità per molti lavoratori, ma contemporaneamente abbiamo realizzato forti investimenti, oltre 100 milioni di euro a Cassinetta e altri 20 per far partire il progetto dei Side by side. Certo abbiamo chiesto uno sforzo a tutti, ma se si lavora per una migliore qualità usciremo vincenti. Noi non possiamo chiudere i nostri occhi perché questo ci porterebbe subito dentro la crisi».

In questo momento state ancora investendo?

«Sì, stiamo continuando ad investire qui. Cassinetta e Comerio sono due siti importanti. La nostra è l’unica multinazionale di queste dimensioni che ha la casa madre per tutta l’Europa in Italia. A Varese gestiamo processi importanti alcuni addirittura per tutto il mondo. Siamo ottimisti e crediamo a quel detto che afferma che “non c’è un modo giusto per fare una cosa sbagliata”, insomma non si vince perché si fa qualcosa di male agli altri. Si vince se si fa una cosa etica. Questo è il valore di fondo della Whirlpool».


Avete deciso di sponsorizzare anche la notte bianca, come mai?

«È un evento bellissimo per la comunità. C’è tutta la socialità. Parteciperanno le famiglie con i bambini, gli operai, la gente comune per passare una serata speciale. Noi partecipiamo perché ognuno si deve impegnare perché sia un successo. Non bisogna aspettare che siano gli altri a fare le cose, bisogna farli per primi».

E parteciperete anche con degli eventi. Come mai avete deciso di far dipingere i famosi side by side da artisti e giovani writers?

«Il side by side è bellissimo, meraviglioso, è un oggetto d’arte. Noi li metteremo a disposizione degli artisti e dei giovani che li coloreranno durante la notte. Poi li metteremo in vendita e il ricavato andrà in beneficenza».


Quali sono le sue passioni?

«Lo sport, ne ho praticati tanti. Poi il cibo e il vino. Trovo che quelli italiani, nel loro insieme, siano i migliori. Mi piace il fatto che si fanno anche ore di viaggio per andare a mangiare in qualche posto speciale. Poi mi piace tanto la gente. Il week end lo passo con gli amici e in questi anni ho girato tutta l’Italia. Ci sono posti, a volte anche piccolissimi, fantastici. In ogni paese c’è qualcosa che richiama la cultura. C’è una qualità della vita altissima. Insomma avete una passione per vivere, e tanta socialità e una ricchezza di umanità».


Come si trova a Varese?

«Benissimo! È la migliore città in cui ho vissuto. Non la cambierei nemmeno con Londra. C’è tutto: il lago, la montagna, siamo a due passi dall’Europa, dal mare, da Malpensa per andare verso il mondo. Sono qui dal 1994. Sento dire che qui la gente è fredda, ma non è vero. Mi hanno aperto i loro cuori, accolto, ho moltissimi amici».


Cosa le piace di più?

«La qualità della vita. Qui è buonissima, ci invidiano in ogni parte del mondo».


E cosa non le piace?

«La burocrazia. Ce n’è troppa».

Che Naraine parla molto bene l’italiano, ma non è ancora soddisfatto. “Sono troppo pigro, potrei fare di meglio”. Sorride, con serenità e guarda con entusiasmo al lago e alle tante foto appese nel suo ufficio di Comerio che lo ritraggono in mezzo ai suoi collaboratori.

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Pubblicato il 20 Giugno 2007
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