Depuratore di Sant’Antonino, sei indagati per disastro ambientale

Procede la Procura di Busto Arsizio su denuncia di Legambiente: fra gli indagati il presidente del consorzio di gestione Modesto Verderio

Sei indagati per disastro ambientale e sequestro parziale dell’impianto: questo l’approdo delle reiterate denunce di Legambiente per l’inquinamento provocato al canale Marinone e al Ticino dal depuratore consortile di Sant’Antonino di Lonate Pozzolo, al confine tra le province di Varese e Milano. La struttura, che sorge in pieno Parco Ticino, avrebbe scaricato nelle acque del Fiume Azzurro quanto non doveva finirvi: di qui le denunce, già dal 2004, di Legambiente Turbigo, e le mobilitazioni a difesa del corso d’acqua che unisce Lombardia e Piemonte.

Fra i nomi dei sei indagati l’unico ad emergere con chiarezza finora è stato quello di Modesto Verderio, presidente del consorzio di gestione, che ha ammesso con la stampa di essere stato coinvolto nell’inchiesta; altri due indagati sarebbero esponenti di un’azienda del Varesotto, mentre altri tre sarebebro funzionari regionali succedutisi in ruoli di controllo nel 2004-2007. Verderio si dice tranquillo e giustifica la presenza di idrocarburi con gli scarichi degli aerei in atterraggio a Malpensa, oltre a sottolineare come l’eccesso di azoto ammoniacale sia stato un caso isolato su numerose analisi, per giunta verificatosi durante lavori al depuratore.

La Regione Lombardia aveva a suo tempo deliberato che una chiusa che teneva separate le acque di spagliamento nella zona del depuratore dal canale Marinone restasse sbarrata; ma così, a quanto pare, non era. Dopo la prescrizione del primo fascicolo aperto nel 2004 per denunciare scarichi industriali nell’Arnetta (a monte, qui il depuratore non c’entra) e l’inquinamento del Ticino, nel febbraio di quest’anno Legambiente è tornata alla carica integrando il primo esposto, e da qui la Procura bustese è ripartita per cercare di fare luce sulla vicenda. La Procura di Busto Arsizio, nella persona del sostituto procuratore Roberto Pirro, ha ripreso in mano il primo fascicolo stralciato affidando al Nucleo Operativo ecologico dei Carabinieri di Milano e all’Arpa di Parabiago delle analisi per valutare la situazione. Da qui, poi, gli "avvisi" e il sequestro parziale del depuratore, in particolare della parte che smaltisce i reflui liquidi di fosse biologiche e caditoie stradali. Tra i motivi del sequestro anche la presenza di idrocarburi nelle vasche e il mancato rispetto del paramento dell’azoto ammoniacale nelle acque in uscita dall’impianto.

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Pubblicato il 17 Luglio 2007
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