“Anche io sono stato Pinocchio, ma ora non lo sono più”

Un bellissimo spettacolo teatrale ha emoziato il pubblico del carcere di Busto. Quattordici persone detenute guidate dall'attrice Elisa Carnelli hanno dato un nuovo "senso" all'opera di Collodi

Chi di noi non si è sentito Pinocchio almeno una volta? Chi non ha disobbedito ai genitori, ha seguito amici sbagliati o ha sognato il paese dei balocchi? Ma alcuni di noi, a un certo punto, non hanno avuto un Geppetto che li portasse a scuola, alla fatina hanno preferito il “gatto e la volpe”, altri ancora hanno creduto che i balocchi potessero risolvere tutto. Tanti hanno preferito la strada delle bugie, agli altri e a se stessi. “Voglio solo divertirmi” dice Pinocchio al Grillo Parlante. “Ma non sai che tutti quelli che fanno così finiscono in carcere?” gli risponde la sua “coscienza”. Ma stavolta a finire in carcere sono stati sia il burattino che il grillo, insieme al gatto e la volpe, a mangiafuoco, a lucignolo e alla band che li accompagnava sul palco. Il palco infatti è quello del teatro della Casa Circondariale di Busto Arsizio, gli attori e i musicisti sono persone detenute così come il pubblico. E a pensare, gestire e creare – è davvero la parola giusta – questo magnifico spettacolo teatrale “dietro le sbarre” è stata la fata turchina, ovvero l’attrice Elisa Carnelli insieme al musicista Matteo Rubino.
Dopo mesi di lavoro nel laboratorio teatrale che l’istituto ha voluto per il terzo anno, venerdì 25 giugno gli sforzi sono stati ripagati: Mohamed, Giuseppe, Franco, Nesol, Waidi, Techi, Josè, Antonio, Mino, Renato, Antonio, Andrea, Stefano e Josè hanno regalato al pubblico uno spettacolo unico, capace di emozionare, di far ridere e anche riflettere. “Il teatro è la metafora della vita – ci spiega una commossa regista alla fine dell’esibizione – e una grande palestra relazionale. A teatro si lavora in gruppo, se uno manca ne risentono tutti”. Dopo lo spettacolo dell’anno scorso per la festa del papà, quest’anno Elisa ha deciso di puntare su un testo teatrale classico. “Pinocchio di Collodi è perfetto perché è molto vicino all’esperienza personale di ognuno di loro”.

Ed ecco che le parole chiave della recitazione diventano scuola, carcere, bugie, lavoro, soldi, miracoli. “Davvero nel paese dei balocchi non sarò obbligato a studiare e lavorare?” chiede un ingenuo Pinocchio a Lucignolo prima di seguirlo. Ma alla fine la maschera cade: nella pancia della balena tutti e sette gli attori diventano Pinocchio e, uno a uno, si svestono del personaggio togliendo naso e cappello e si confessano: “Il mio vero nome è … anche io sono stato come Pinocchio quando alla mia famiglia dicevo che andavo a lavorare, quando ho preferito fare il furbo, quando non ho ascoltato mia mamma, ma adesso le cose sono cambiate e non sono più così”.
L’applauso dal pubblico è lungo e sincero, alla fine tutti si alzano in piedi a festeggiare quei compagni così bravi e coraggiosi. “Non è facile – rivela Elisa – salire su un palcoscenico. Ma farlo in un carcere davanti ad altri detenuti è ancora più difficile. Non so dire quanto mi ha reso felice vedere gli altri in piedi ad applaudirli”. Le dimostrazioni di maggior affetto dal pubblico sono per Mohamed, un “gigante dal viso buono” viene spontaneo chiamarlo. Ha interpretato il “gatto” in questo laboratorio teatrale che finalmente sembra aver dato un senso ai due anni trascorsi a Busto. “E’ stata una sensazione bellissima – ci raccontano poi Giuseppe, Techi e Nelson -: immedesimarsi nel personaggio per poter esprimere quello che si ha dentro. Anche in un posto come questo si può assorbire il meglio che ognuno ha da dare. Questo è uno dei giorni più belli e per un momento abbiamo sentito una sensazione di libertà”.
Un giornata di festa insomma, ma anche la prova che quando il carcere fa “squadra” i risultati si ottengono. Niente di tutto questo poteva essere fatto senza il sostegno, la collaborazione e l’incoraggiamento dell’area educativa e degli agenti di Polizia Penitenziaria. “Un grazie sincero e profondo – conclude Elisa dal palco – va a tutti quelli che in queste settimane si sono affacciati in teatro e non ci hanno mai fatto mancare una parola di incoraggiamento o anche solo un sorriso”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Giugno 2010
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