I contadini del tessile “etichettano” i loro nemici
Nel capannone della tessitura “Aspesi” hanno fatto il punto sul made in italy. Sono arrivati da Torino, Vicenza, Biella, Prato, Carpi, Modena, Brescia. Sul banco degli imputati: la Cina, la grande distribuzione, la regione Lombardia che «ha dato il premio di imprenditore dell’anno alla Yamamay», l’omertà che circonda i marchi prestigiosi. Al tavolo dei relatori il deputato della Lega Nord, Marco Reguzzoni, e la parlamentare europea Lara Comi (Pdl)

Ciò che continua ad agitare il sonno degli imprenditori italiani è sempre la Cina. Roberto Belloli, il padrone di casa, ha invocato la “reciprocità” nelle politiche commerciali perché « i cinesi hanno alzato la grande muraglia sui nostri prodotti». Per altri, come Pino Scalenghe, imprenditore meccanico torinese aderente a "Imprese che resistono", la guerra contro Cina, India e paesi emergenti è stata persa da tempo e il futuro si gioca ancora tutto nel Vecchio Continente.
Sull’affollato banco degli imputati, nel magazzino di via Benvenuto Cellini, non c’era solo il pericolo giallo. Il dito è stato puntato contro la grande distribuzione «che porta sugli scaffali prodotti pericolosi come i pigiami alla formaldeide», la Regione Lombardia che «ha dato il premio di imprenditore dell’anno alla Yamamay», l’omertà che circonda i marchi prestigiosi colpevoli di comprare nei nuovi mercati e rivendere in Europa come se fosse made in, la burocrazia, il costo del lavoro, la formazione che non fornisce più tecnici adeguati alle aziende e il sistema dei controlli, poco incisivo. «Io rappresento 150 calzifici del bresciano – spiega Luca Bondioli, presidente dell’associazione distretto calza e intimo -. Ci hanno chiesto di andare a fare un controllo a Roma su due milioni di paia di calze, perché chi li doveva fare non aveva la tecnologia e le competenze necessarie, mentre il controllo andrebbe fatto sul retail (il dettaglio ndr). Non c’è altro modo per combattere la contraffazione. In questo momento, stiamo correndo una maratona con uno zaino di 40 chili, mentre i nostri avversari corrono liberi. Il nostro distretto era tra i primi esportatori al mondo con il 33% del mercato, oggi siamo sotto il 20%, e la nostra produzione è passata dal 70% a meno del 50%. A rischio ci sono 17 mila posti di lavoro».

Reguzzoni, pur avendo incassato la gratitudine degli imprenditori per il lavoro fatto- considerati anche i tempi della politica – non è sembrato del tutto soddisfatto perché «mancano ancora i regolamenti attuativi». Il capogruppo del Carroccio ha ribadito l’importanza dei controlli soprattutto sugli ambulanti a partire dai certificati di regolarità contributiva (Durc) .«A Milano il 30 per cento degli ambulanti opera in modo abusivo. I vigili e i carabinieri preferiscono dare una multa per divieto di sosta piuttosto che multare chi acquista una maglietta contraffatta».
Nel frattempo il valore del sommerso in Italia ha raggiunto il 17,5 % del Pil.
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