La vendetta del vigile: “Ora sparo nel mucchio”
Tra gli obiettivi indicati nella lista: il giudice che l'ha condannato, una giornalista, il magistrato Bocassini, le toghe rosse, lo stato. Due obiettivi presunti avvisati e fatti scappare da casa
«Sparo nel mucchio». La lista degli obiettivi di Giuseppe Pegoraro era nell’auto. Contenuta nella cartellina blu che secondo i testimoni stringeva in mano prima degli spari. Un foglio scritto a computer, che é stato aggiornato nel tempo. Gli inquirenti l’hanno trovata e stanno analizzando se i nomi citati fossero obiettivi reali o persone coinvolte in semplici deliri ed allucinazioni.
Prima di colpire, l’ex vigile ha inviato un sms alla sorella; le ha detto di andare nella sua abitazione, e prendere tutte le carte che avesse trovato. Tra queste, c’erano articoli di giornale sul suo processo, e il testamento. Pegoraro era pronto a morire. Ai magistrati ha detto che voleva scappare in Svizzera e asserragliarsi nei boschi, magari anche morire in una sparatoria finale.
LA LETTERA
Nella lettera l’ex vigile che fuggiva dal comune vestito come Rambo, se le prende con il giudice che l’aveva condannato, Adet Toni Novik, con le «toghe rosse», con Ilda Bocassini, (è un’icona avrebbe detto nell’interrogatorio) e anche con una collega del quotidiano la Prealpina, Sarah Crespi, per gli articoli sul processo della truffa dei cartellini. Non sarebbero citati direttamente invece Laura Prati e Costantino Iametti, il sindaco e il vice di Cardano al campo, ai quali ha sparato, ma durante l’interrogatorio ha detto che, a suo parere, lo avevano umiliato.
Nella lettera tante frasi deliranti dell’ex vigile sceriffo. Insulti contro lo «Stato ladro», o roboanti frasi che inneggiano a un «ordine esecutivo generale», o ancora minacce «Se sento puzza di poliziotti in borghese o di elicotteri sparo nel mucchio».
Durante il lungo interrogatorio di ieri, durato dalle 14 alle 19 in procura a Busto Arsizio con i pm Eugenio Fusco e Nadia Calcaterra, l’uomo è stato prima un po’ confuso poi ha recuperato parzialmente lucidità. I magistrati gli hanno chiesto perché avesse voluto colpire con una bomba carta la sede della Cgil e lui ha risposto contraddicendosi. Avrebbe detto che si trattava di un diversivo, ma aggiunto: «Sono comunisti». L’uomo ha anche ricordato come, a suo dire, non lo avessero aiutato nella causa con il comune. Infine, pare che abbia negato, a parole, di avere degli altri obiettivi da colpire oltre ai due feriti, facendo quindi credere che la lettera fosse solo uno sfogo. Ma è vero che la direzione di marcia che ha preso ieri, quando una volante della polizia lo ha incrociato e bloccato, era compatibile con la residenza di una dipendente comunale che aveva denunciato i vigili di Cardano al campo. La donna tuttavia non era in casa. I carabinieri, in quei concitati minuti, hanno anche cercato di immaginare dove si potesse dirigere l’uomo. E’ stata ad esempio allertata una persona che faceva parte della commissione disciplinare che, il 4 giugno, aveva comminato la sospensione a Pegoraro. L’uomo, possibile obiettivo, si è allontanato da casa per tutta la mattina.
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