La quotazione in borsa è come un matrimonio
Le pmi varesine oltre alla banca si avvicinano ad altre forme di finanziamento: private equity, mini bond e quotazione. La piattaforma Elite di Borsa Italiana accompagna le imprese in questo salto culturale
Uno dei primi cartelli che si incontrano quando si entra all’università Liuc di Castellanza è quello che indica lo sportello di Ubi Banca. Quel cartello, fino a qualche anno fa, era il simbolo di un’alleanza strategica tra la banca, espressione del territorio, e le imprese del distretto industriale. Un tassello del sistema manifatturiero varesino che si dava per scontato e che oggi non è più tale. Non deve dunque sorprendere che l’Unione degli industriali di Varese e la Liuc abbiano organizzato un incontro dal titolo “L’impresa sfida se stessa: la finanza oltre la banca“.
«Ciò che ci ha mosso a organizzare questo convegno – ha spiegato Giovanni Brugnoli, presidente dell’Unione industriali di Varese – è la difficoltà di accesso al credito dei nostri imprenditori ed è quindi chiaro che si guardi ad altri strumenti come private equity, mini bond e quotazione in borsa».
Per molte imprese è venuto perciò il momento di andare oltre la banca e di rivolgersi al mercato. Si tratta di un salto culturale importante ma non così difficile da fare e che alcune pmi varesine, tra cui Nau, Duplomatic, Ngi (Eolo), Pianoforte Holding dei marchi Carpisa, Yamamay e Jaked, Arioli spa, hanno già fatto.
«Non ci si quota solo per finanziare la crescita – ha detto Valter Lazzari, rettore della Liuc – Università Cattaneo -. In realtà ci sono tanti altri motivi e benefici per un’impresa: generare valuta per future acquisizioni, riequilibrare la struttura finanziaria, generare liquidità per gli iniziali azionisti, managerializzare la società, ottenere più visibilità». Le imprese devono essere pronte a cambiar pelle, sapendo che niente sarà più che prima e Lazzari per spiegare cosa dovrà affrontare l’imprenditore in questo passaggio usa una metafora efficace: «La quotazione in borsa richiede un progetto. È un po’ come il matrimonio: c’è un prima e un dopo e il divorzio è molto costoso».
Il 99 per cento delle imprese italiane non ha però le caratteristiche per quotarsi. È per questo motivo che Borsa italiana mette a disposizione delle imprese la piattaforma Elite, una sorta di “palestra” che consente di fare esercizio per accedere più facilmente al mercato di capitali senza per forza arrivare alla quotazione. «Noi diamo un vestito alle aziende – ha spiegato Fabio Brigante di Borsa italiana -. La quotazione non è uno scherzo e come tutti i processi di innovazione richiede un cambiamento culturale e organizzativo che coinvolge imprenditori, manager ed esperti. Elite offre alle aziende nuove opportunità, oltre ad aiutarle ad accrescere visibilità, produttività ed efficienza».
Quindi le piccole e medie imprese hanno bisogno di nuovi strumenti che le aiutino a sviluppare i loro progetti e che permettano di affrontare i cambiamenti che ogni giorno si verificano nel loro settore.
Si procede per gradi: un primo step di training e formazione, a cui segue una seconda fase di implementazione dei cambiamenti necessari allo sviluppo di un processo di crescita e, infine, l’accesso al mercato dei capitali in varie forme perché la quotazione non è l’unico approdo finale. I costi, altro grande spauracchio per le piccole imprese, si aggirano attorno al 4 % della raccolta.
Fino a oggi, tra le imprese che hanno partecipato e percorso tutte le fasi di Elite, si registrano 15 progetti di Ipo (Offerta pubblica iniziale) allo studio, 8 operazioni di private equity, 3 emissioni di minibond già effettuate e altre 8 allo studio, 25 operazioni di joint venture o Merger & Acquisitions, 30 milioni di euro impegnati da Sace in 18 società, 20 milioni di euro impegnati da Simest in 9 società.
Per Roberto Bettelli di Arioli spa, azienda che produce macchine per l’industria tessile, la partecipazione al programma Elite ha permesso di aprire un confronto con i migliori del settore, ossia le società quotate in Borsa, e sfruttare uno strumento di promozione con gli operatori finanziari, come Sace, i cui tempi di risposta ora sono migliorati notevolmente. «Una partecipazione a cui ci hanno spinto anche i nostri azionisti- ha detto Bettelli – da tempo infatti siamo aperti al private equity con l’entrata nel nostro capitale del Fondo Italiano d’Investimento e della holding di partecipazione di Univa e Intesa Sanpaolo: Varese Investimenti». I risultati non hanno bisogno di commenti: nel 2010 l’Arioli spa aveva 10 milioni di fatturato e 40 dipendenti, alla fine del 2013 il fatturato era di 45 milioni e i dipendenti 250.
I casi Ngi e Safe Bag – In prima fila nell’auditorium della Liuc c’era anche Daniela Daverio, cto di Ngi internet provider leader nel campo della banda larga con la propria rete Eolo che da due settimane è entrato a far parte di Elite. Galeotto è stato un convegno a Roma sui provider a cui aveva partecipato l‘amministratore delegato di Ngi Luca Spada che in quella occasione ha conosciuto la piattaforma di Borsa italiana. L’incontro giusto al momento giusto perché il provider varesino dopo aver vinto alcuni bandi del ministero dello Sviluppo Economico aveva bisogno di reperire le risorse per finanziare gli investimenti necessari. «La nostra crescita esponenziale di questi ultimi anni – ha spiegato Daniela Daverio – ci ha posto di fronte alla sfida di cambiare il modo di raccogliere queste risorse. Quando Luca Spada è tornato da Roma ha detto: “Ho la soluzione, si chiama Elite”. Per noi è il partner adatto sia per l’individuazione delle strade migliori da intraprendere, sia in termini di immagine e promozione nei confronti degli investitori». (foto, da destra: Gentile e Bettelli)
C’è però un’altra opzione che è quella della quotazione all’Aim Italia, il listino di Borsa Italiana riservato alle pmi. Fino ad oggi si contano 43 società quotate, per oltre 1,3 miliardi di euro di capitalizzazione e oltre 400 milioni di euro di capitali raccolti. A scegliere di intraprendere questa strada è stata di recente un’azienda del territorio varesino: la Safe Bag, operante nel settore del servizio di protezione bagagli negli aeroporti di tutto il mondo: «Per anni siamo cresciuti grazie alla nostra capacità di creare liquidità, senza debito – ha raccontato Rudolph Gentile di Safe Bag -. Il sistema bancario nei nostri confronti era completamente fermo. Avevamo vinto un appalto negli Stati Uniti che però richiedeva una fidejussione che le banche non erano intenzionate a concederci, se non a condizioni per noi proibitive. Da qui la scelta della quotazione avvenuta a settembre 2013 all’AIM con la messa sul mercato del 10% del capitale e una raccolta di 3,5 milioni di euro. La scelta è stata azzeccata, il percorso ci ha soddisfatto». E oggi Safe Bag guarda a fare un passo avanti in Borsa italiana con la quotazione al mercato principale.
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