Sono sindacalista e socialista e non me ne pento

Una vita da muratore e sindacalista nella Feneal. Il nuovo segretario provinciale della Uil, Antonio Massafra, ha una storia da immigrato nella Milano da bere, in credito con la politica craxiana, con il Milan e anche con il Jobs act

Uil

La storia di Antonio Massafra, neosegretario della Uil provinciale, è molto simile a quella di tanti meridionali venuti al nord a cercare un destino diverso. Terzo di dieci figli, nel 1978, appena diventato maggiorenne, decide di lasciare Taranto per raggiungere il cognato a Milano, operaio nei cantieri della linea Gialla della metropolitana milanese.

Figlio di un attivista comunista e di una devota democristiana, Massafra una volta lontano da casa, decide di collocarsi a metà strada sposando la causa socialista, come impegno politico, e quella milanista, come passione sportiva. E Milano sembra voler assecondare queste sue nuove passioni, perché nel giro di pochi anni diventerà il feudo di Bettino Craxi e dell’onda lunga socialista e accoglierà a braccia aperte l’era rossonera targata Berlusconi. «Per uno che ha iniziato a lavorare come muratore nei cantieri a 14 anni e senza prospettive per il futuro – racconta il segretario della Uil – Milano appariva una meta quasi necessaria. Non è stato semplice perché sognare non basta, io mi guadagnavo il pane scavando le gallerie che non è proprio un gioco».

Massafra nelle gallerie ci rimane quasi dieci anni, nel frattempo la Milano è diventata «da bere» e i socialisti, dopo aver portato Sandro Pertini, un padre della patria, al Quirinale, traghettano anche il rampante Bettino a Palazzo Chigi. Il 1987 è l’anno della svolta, non solo per il Milan, ceduto all’imprenditore Berlusconi, ma anche per il giovane muratore tarantino convinto dai  compagni di galleria, tra uno scavo e l’altro, a candidarsi nelle liste della Feneal, la categoria degli edìli della Uil. «Io ero un craxiano convinto e sono rimasto socialista senza pentimenti – racconta Massafra -. Ero iscritto alla sezione di Bollate dove vado ancora oggi quando c’è bisogno di attaccare manifesti. Ero attirato dalla Uil e dal Psi perché mi piaceva la visione laica del partito e l’apertura alla società moderna e alle necessità di riformarla».

Dopo una vita passata nella Feneal e nei cantieri del territorio, nel 2015 Massafra viene eletto segretario della Uil di Varese in un quadro totale di rinnovamento dell’organizzazione sindacale. A 54 anni rappresentare la nouvelle vague è una bella sfida anche se lui sostiene che questo non era un passaggio necessario per la sua storia di sindacalista. È chiaro, però, che ricoprire questa carica in una fase di cambiamento dei vertici dell’organizzazione è come vedersi appuntare una medaglia al petto. «La Uil è una parte importante della mia vita – dice il neosegretario – ma ciò che conta non è l’organizzazione in quanto tale, ma le persone che compongono la rete di relazioni sindacali. Ciò che voglio fare è estendere questa rete per stare più vicino ai delegati nei luoghi di lavoro e ai cittadini che si rivolgono ai nostri servizi. Sono convinto che la nostra identità di sindacato passa dall’identificabilità delle persone».

La politica è una malattia incurabile e Massafra, nonostante le dosi massicce di concertazione, non ne è ancora guarito, attribuendo le ragioni di tale resistenza alla cura all’avvento del sistema maggioritario, colpevole di aver marginalizzato il sindacato. «Da una parte c’era Berlusconi e dall’altra la cosiddetta società civile con i suoi oppositori. Noi eravamo esclusi e confinati nelle fabbriche, ma per poter tradurre le richieste del mondo del lavoro in provvedimenti occorreva un dialogo politico che di fatto non c’era».

Sull’era Renzi preferisce non esprimere giudizi, ma sulla riforma del lavoro Massafra è piuttosto caustico: «Le conquiste fatte negli ultimi 40 anni dai lavoratori non possono essere rottamate senza conseguenze. Il Jobs act permette all’imprenditore di licenziare con troppa facilità, tra l’altro sapendo in anticipo quanto pagherà e questo indebolisce il potere contrattuale del lavoratore. E quando sento confondere il tema degli incentivi fiscali con quello dei diritti avverto anche il pericolo di una storia che si ripete».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 18 Marzo 2015
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