Enrico Dell’Acqua, il perchè di una benemerenza
Il sindaco Gigi Farioli spiega perchè ha deciso di far scolpire il nome del "principe mercante" tra quelli dei cittadini benemeriti. Un premio anche a nome di Olga Fiorini
Il perchè di una benemerenza, al di là delle polemiche e delle diverse visioni che si possono avere. Di seguito il testo scritto dal sindaco Gigi Farioli sulle motivazioni della proposta di attribuire la civica benemerenza ad Enrico dell’Acqua il prossimo 24 giugno, in occasione della festa del santo patrono San Giovanni.
“Come a molti, se non a tutti, noto, quest’anno abbiamo fortemente voluto connotare l’attività della Città in un, credo, significativo incrocio tra la storia e la cronaca, in ossequio al richiamo impellente ed educativo del calendario. Come a molti, se non a tutti, noto, quest’anno ricorre il centocinquantesimo di elevazione di Busto a Città, così come quest’anno si sta partecipando, chi più chi meno, alla straordinaria Expo alle porte di Milano.
Incrociare storia e cronaca, per di più ad un secolo dall’inizio della grande guerra, richiama ancor di più al senso di rendere contemporaneo ciò che si vorrebbe rendere eterno, se non universale. E cosa più dei principi, dei valori, di ciò che Dante, di cui casualmente ricorre l’ottocentocinquantesimo anniversario, definirebbe “ciò che dell’uom …. etterna”? E’ fuor di dubbio che la concessione di una benemerenza civica è il riconoscimento più alto che si possa conferire ad un concittadino. E credo che mai come quest’anno sia indispensabile sottolineare ciò che della bustocchità, nel senso dei principi, dei valori, dei caratteri, rappresenta da sempre un ideale, un prototipo. E cioè l’imprenditorialità, che non si confonde con un ceto, con una classe, ma semmai con la classe, lo stile, il tratto umano di un tipo ideale.
Non nascondo che qualche settimana fa, osservando l’ormai lunga sequela dei nomi scolpiti sulla pietra marmorea, ho sentito una fitta al cuore non leggendo il nome di Enrico dell’Acqua. E, scusatemi il volo, ho immaginato che quello fosse per me, sindaco ormai giunto alla scadenza, un segno che non avrei potuto non cogliere. Perché? Enrico dell’Acqua fu un protagonista dell’Expo di Torino del 1911. Luigi Einaudi, mai troppo compianto presidente della Repubblica, governatore della Banca d’Italia, liberale dalle prediche inutili, allora era il responsabile del padiglione Italia e, colpito dalla figura del nostro concittadino, lo elesse prototipo dell’imprenditoria, eternandolo nel libro, mai troppo letto, Il principe mercante.
Enrico dell’Acqua fu un imprenditore visionario ed insieme concreto, che “di fronte alla tormenta della crisi, non si ritirò in porto, ma cercò di riposizionare le vele”, un imprenditore del secolo scorso che è contemporaneo: inventò il marketing ante litteram, l’internazionalizzazione ante litteram, il franchising ante litteram, i prodromi del collegamento tra produzione e distribuzione (media e grande) ante litteram. Enrico dell’Acqua seppe resistere alle crisi monetarie e finanziarie accettando il rischio e l’innovazione senza mai dimenticare il fondamentale ruolo del capitale umano. Quale esempio di contemporaneo coraggio!? Nelle sue pagine e nelle sue azioni concrete c’è che “il buon nocchiero che ha goduto dei frutti dei collaboratori nel periodo di vento in poppa, ne valorizza e ne sottolinea la validità anche con il tempo avverso”.
Che cosa di più contemporaneo della facile fuga dal manifatturiero di molti indegni e presunti eredi!? Ebbene, quest’anno istituiamo due altri riconoscimenti. Uno a chi ha speso la propria vita all’educazione e alla formazione dei giovani. Il premio Olga Fiorini. E uno che vuole essere il segno, anch’esso nel nome di Enrico dell’Acqua, della fiducia, della speranza e del coraggio. Ricordare, celebrare, si sa, non è nostalgicamente chiudersi in un passato spesso ricco di polvere. Ma è fare del meglio della nostra storia una “stella (dantesca)” della nostra cronaca”.
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