Internet delle cose è una cosa seria
Due testimonianze, quella di Goglio e di Sap, al ciclo di incontri sulla fabbrica 4.0 "Le frontiere dell'innovazione" organizzato dall'Università Liuc e Univa
«Lo ammetto, fino al 2014 fa non sapevo nemmeno cosa fosse Internet delle cose. Poi è venuto un cliente e oltre alle macchine per confezionare il caffè mi ha chiesto anche di garantire l’efficienza delle due linee per 5 anni. Era quello che aspettavo». Luciano Sottile, manager della Goglio spa industria leader nel packaging, ci ha messo poco a convincersi che quella era la svolta. E anche se non tutti i clienti erano pronti a passare da un service tradizionale a un service 4.0, la storica impresa di Daverio è diventata fabbrica 4.0, una scelta necessaria per rimanere competitivi e mantenere una quota di esportazioni consistente. «Noi ci dividiamo l’export mondiale con i tedeschi – continua Sottile – e nel 2015 la Cina è diventata a sua volta esportatrice di macchine per imballaggio crescendo a ritmi da paura. Il problema però non è solo produrre macchine connesse ma decidere cosa fare di tutti i dati che si ottengono».
La testimonianza di Sottile è stata inserita nel ciclo di conferenze “Le frontiere dell’innovazione” organizzate dall’università Liuc di Castellanza e da Univa. Il manager di Goglio insieme a Francesco Mari, vice presidente di Sap, gruppo leader nel settore dei software applicativi per le aziende, è intervenuto al terzo incontro dedicato all’Internet of Things e all’impatto che la stessa ha sul modo di competere e sulla catena del valore.
Gestire il passaggio da una fase tecnologica, caratterizzata dall’uso dei sensori, a una di gestione e analisi dei dati per consentire decisioni o azioni in tempo reale, secondo Mari, è il punto centrale quando si parla di Internet delle cose, un fenomeno che trova nel software e nelle applicazioni big data la sua prospettiva di sviluppo più importante. «Ci sono settori, come quello della manutenzione – spiega Mari – dove internet delle cose è già in una fase matura. In tutti i paradigmi di manutenzione si oscilla tra gli estremi della rottura e della riparazione prima della rottura. Ma chi decide quando riparare?».
Mari mostra una slide con una curva del deterioramento fisico degli oggetti (curva che cambia a seconda degli oggetti) e dei diversi punti di intervento con i relativi costi di riparazione che variano da un massimo, con la rottura totale dell’oggetto, a un minimo, quando si previene al momento giusto. «Trenitalia – continua il vice presidente di Sap – è già passata al nuovo paradigma: la manutenzione predittiva, inserendo 4.000 sensori sulle locomotive 464 con un investimento di 50 milioni di euro. Un modo per anticipare i guasti, risparmiare 200 milioni di euro all’anno in manutenzioni e dare un servizio migliore ai propri clienti».
Questo passaggio richiede competenze e una riorganizzazione dell’impresa per interpretare i dati che affluiscono e ordinarli e leggerli coerentemente per prendere decisioni corrette. «Non è una passeggiata di salute – conclude Sottile – anzi, ho la sensazione che negli ultimi due anni ci sia stato un salto e si sia passati da un livello teorico a un livello reale. I prodotti si copiano, i servizi no perché l’esperienza che deriva dall’Iot riporta al centro del lavoro la persona. E se qualche imprenditore pensa che l’Iot sia il divertimento di qualche dipendente nerd, allora la fabbrica 4.0 smette di essere un’opportunità e diventa una minaccia perché i tedeschi fanno molto sul serio».
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