I dipendenti di Accam: “Siamo trattati come dei rifiuti”

I 30 dipendenti diretti di Accam hanno scritto quella che definiscono "una lettera aperta di sconforto" dal momento che "non siamo più una priorità da garantire ma siamo solamente un peso da eliminare"

dipendenti accam

C’erano anche i dipendenti di Accam lunedì sera durante l’ultima delle assemblee dei soci di Accam, quella che ha rinviato per l’ennesima volta l’approvazione del bilancio durante la quale “ci siamo sentiti trattati come dei rifiuti”, scrivono oggi in quella che definiscono una “lettera aperta di sconforto”.

“Noi dipendenti siamo prima di tutto cittadini delle varie amministrazioni socie di Accam -si legge nella lettera firmata dai lavoratori e da tutte le associazioni sindacali- ma ci sentiamo trattati come merce di scambio per quelle amministrazioni che non hanno responsabilmente gestito negli anni la Società e che stanno portando questa realtà produttiva alla liquidazione sulla carta, ma più probabilmente al fallimento, senza assumersi nessuna responsabilità”. Ripercorrono la storia degli ultimi anni, da quando la categoria di Accam è cambiata fino alla necessità di lavori di adeguamento e in tutto questo “siamo rimasti sconcertati dai dubbi emersi riguardo ai costi legati alla chiusura dell’impianto, che a quanto pare, ai più dei presenti, non sono chiari: ci chiediamo se gli amministratori di una S.p.a., a maggior ragione a capitale pubblico, possano decidere di cessare l’attività, senza avere la contezza effettiva degli aspetti che tale scelta porterà ai bilanci comunali ma, cosa ben più grave, scegliendo consapevolmente di lasciare senza lavoro 30 persone e soprattutto 30 cittadini che dai Sindaci stessi dovrebbero essere amministrati e tutelati”.

Proprio per questo “con l’atteggiamento assunto dai Soci nell’ultima Assemblea si stanno compromettendo le professionalità di Accam, rischiando di perdere la competenza, danneggiando ancora una volta il merito che, anziché essere tutelato dal sistema pubblico, viene nuovamente vilipendiato” al punto che “non siamo più una priorità da garantire ma siamo solamente un peso da eliminare“. Non solo: “il futuro delle nostre vite lavorative, e di conseguenza personali e famigliari, dipenda in realtà da quanto contenuto nella mozione di rinvio votata in Assemblea, cioè dall’ipotesi di aggregazione tra due Società che nulla hanno a che fare con Accam e con i suoi dipendenti (Ala e Agesp)”.

Alla luce di tutto questo “riteniamo un nostro diritto conoscere i termini e le modalità con cui si intende intervenire a tutela del personale Accam, che sino ad oggi ha continuato a credere nel proprio lavoro ed ha ritenuto di doversi fidare dei propri amministratori che, a conferma della parola data, hanno ufficialmente assicurato la garanzia della continuità della Società con altri scenari produttivi, cosa che allo stato dei fatti viene completamente messa in discussione”. Secondo i dipendenti “è giunto ormai il momento di fornire risposte concrete a tutti gli impegni presi dai soci a tutela dei loro dipendenti. Riteniamo di non dover subire, a seguito di decisioni politiche, conseguenze negative a svantaggio in termini occupazionali e quindi qualunque sia la scelta che i soci intraprenderanno dovranno essere fornite risposte inequivocabili mediante la formalizzazione di un accordo vincolante”.

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 13 Ottobre 2016
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