Operaio licenziato, il giudice condanna l’azienda comunale
L'ASC, oggi in liquidazione, dovrà corrispondere cinque mensilità arretrate, ma non c'è obbligo di riassumere. Il sindacato chiede anche al sindaco di riconoscere l'errore
Il licenziamento dell’operaio cimiteriale è stato illeggitimo e l’azienda comunale di Samarate dovrà pagare gli stipendi arretrati. Per Valerio Karayan, necroforo licenziato lo scorso anno, è però una vittoria a metà, perché il giudice del tribunale di Busto, Franca Molinari, non ha imposto la riassunzione dell’operaio in ASC, che oggi è in liquidazione.
L’operaio cimiteriale (a destra nella foto, con il sindacalista Fausto Sartorato) è stato licenziato nell’estate scorsa, a fronte di una serie di contestazioni in particolare sulla “incerenza del chilometraggio” indicato sulla documentazione e di quello effettivo del mezzo di servizio affidatogli. Il giudice però ha ritenuto che “non è circostanza idonea a giustificare la sanzione espulsiva”, cioè il licenziamento, perchè il comportamento dell’operaio cimiteriale “non sia statto tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia”.
Il tribunale di Busto ha esaminato il caso nell’udienza dell’8 febbraio e ha emesso la sentenza il 10 febbraio, «condannando ASC a versare 5 mensilità più le spese di lite per 1500 euro (50% del totale) e accertando l’illegittimità» sintetizza Fausto Sartorato, sindacalista del sindacato di base AdL.
Al di là di quanto disposto dalla sentenza, il sindacato contesta l’operato dell’amministratore della società (o meglio: del liquidatore incaricato, Ugo Gaspari) e contesta la fiducia riposta dall’amministrazione comunale. «Con i soldi pubblici è facile gestire le cose: non si paga di tasca propria» attacca Fausto Sartorato di AdL. «Al sindaco chiediamo una riflessione, chiediamo se non è il caso di ammettere che qualche errore è stato commesso dal liquidatore. Karayan è stato licenziato con un pretesto. Il sindaco ha dichiarato di avere la massima fiducia nel liquidatore: oggi può dire di avercela ancora? Chiediamo le dimissioni di Gaspari e chiediamo alle opposizioni di attivarsi su questa vicenda, anche per andare a fondo della questione a livello politico».
Il sindaco Leonardo Tarantino, però, non arretra sulla valutazione complessiva della vicenda: «Sicuramente ci sono state delle mancanze da parte del dipendente che hanno spinto il liquidatore a scegliere quella strada: ricordo che già nel 2007-2008 – quando ASC era oltretutto guidata da un’amministratore diverso e legato ad una amministrazione di altro colore politico – il dipendente aveva subito un licenziamento» (peraltro anche quello dichiarato illegittimo, va detto). «Negli ultimi anni si è creato un crescente contenzioso con il dipendente, che ha prodotto un rapporto di lavoro non sereno e di fiducia, anche tra i colleghi di lavoro. L‘operato del dott Gaspari a nostro avviso si è rivelato minuzioso e attento, sta portando ad una liquidazione dell’azienda in termini corretti. Da parte mia ha piena fiducia anche sulla decisione assunta in questa questione».
Come detto ASC è un’azienda in liquidazione, perché i servizi affidati sono stati conferiti ad altri gestori per obbligo di legge o perchè considerati residuali e non sufficienti a giustificare l’esistenza dell’azienda. Il tribunale, trattandosi di azienda sotto i 15 dipendenti (di fatto oggi ridotta al lumicino), non ha potuto imporre la riassunzione. «Ora sto facendo domanda in altre municipalizzatee pompe funebri, purtroppo non riavrò il mio posto di lavoro».
Il liquidatore Ugo Venanzio Gaspari è intervenuto successivamente anche con una nota: «ritengo l’avvenuto licenziamento un atto doveroso, attentamente ponderato, a seguito dei gravi comportamenti (da ultimo quello che è stato oggetto della sentenza) che hanno arrecato pregiudizio all’azienda in liquidazione e causato il venir meno del rapporto fiduciario. Sin dall’inizio del mio incarico avevo spiegato ai lavoratori l’importanza del loro contributo in termini di impegno lavorativo e correttezza di comportamenti nei confronti dell’azienda, dovuti in termini di contratto ma ancora più importanti nella delicata fase della liquidazione. La richiesta di reintegro, presentata con il proprio ricorso dal lavoratore che invocava un licenziamento pretestuoso, non è stata accolta dal Tribunale che si è invece limitato a stabilire un indennizzo in misura inferiore ai limiti di legge. L’Azienda prosegue nella gestione dei servizi pubblici affidati, garantendo al contempo il regolare svolgimento della liquidazione».
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