Partono i controlli nelle case popolari, verso gli stranieri
L'amministrazione comunale rivendica approccio e risultati ottenuti: "A gennaio sono entrati nelle case popolari solo italiani". Controlli su chi ha la casa nel Paese d'origine

«I furbetti nelle case popolari non sono più tollerati. E i controlli incrociati attivati in questi mesi stanno dando i primi risultati: è finito il tempo in cui si viveva a carico della comunità senza averne diritto».
L’assessore ai Servizi sociali, Franco Liccati, considera un «importante punto di partenza», i quattro alloggi tornati nella disponibilità del Comune perché chi li occupava <«ne faceva un utilizzo improprio».
Legge alla mano, l’assegnazione decade nel caso in cui l’assegnatario lascia vuoto l’appartamento per un periodo di almeno sei mesi senza motivare la proprio assenza. Oppure nel caso in cui nella casa popolare vivano persone che non ne abbiano diritto (anche l’ospitalità prolungata deve essere comunicata) o peggio ancora persone diverse dall’intestatario del contratto di affitto.
«Abbiamo predisposto più controlli incrociati e il lavoro in sinergia tra uffici e polizia locale sta funzionando. Capita che gli stranieri abbiano una casa nel Paese d’origine e che trascorrano lì gran parte dell’anno oppure che l’inquilino trovi una sistemazione alternativa, cedendo in maniera illegale ad un amico o a un parente il proprio alloggio. Il lavoro è solo all’inizio: l’individuazione di queste persone sarà capillare, è stata avviata un’opera di censimento che sarà utile al nostro scopo. Ovvero quello di dare un tetto a chi ne ha davvero diritto, alleggerendo perciò le liste di attesa che sono davvero lunghe (circa 200 domande)».
“Per evitare che una delle 1.023 case popolari di Gallarate (480 delle quali sono comunali e le restanti in capo all’Aler) venga data a cittadini stranieri che non ne hanno i requisiti – spiegano da Palazzo Borghi – è stata avviata una procedura che consente di bloccare le domande “sospette” già all’atto della presentazione, prima perciò di entrare in graduatoria”.
Tra i furbetti viene annoverato anche chi ha una casa nel Paese d’origine: «In precedenza – spiegano negli uffici – in assenza di una risposta da parte dell’ambasciata veniva considerata valida l’autocertificazione in base alla quale lo straniero richiedente dichiarava di non avere proprietà all’estero. Ora invece il cittadino extracomunitario che presenta domanda deve allegare un certificato dell’ambasciata che comprovi (o meno) l’avere altre proprietà immobiliari. Insomma, da un anno a questa parte la domanda deve essere certificata, altrimenti non si viene considerati idonei».
E i numeri delle assegnazioni – secondo Palazzo Borghi – tra dicembre 2016 e gennaio 2017 offrono una lettura che va proprio nella direzione voluta. Con i paletti posti all’atto della presentazione delle domande, è calata la percentuale di case date agli stranieri che sono ora una piccola percentuale (5 su 16). È addirittura del 100 per 100 la percentuale di nuovi inquilini italiani se si guarda solo al primo mese dell’anno: sei su sei. Nelle nuove assegnazioni, si è perciò passati da una predominanza di inquilini stranieri nel 2013 (16 su 29), all’equilibrio del 2016 (11 italiani e 9 extracomunitari) a un quadro completamente ribaltato, con numeri in percentuale raggiunti solo nel 2014 (16 italiani su 23) e nel 2015 (9 stranieri su 30).
Sempre in tema di case popolari, l’assessore Liccati annuncia: «Mi assumo l’impegno di presentare la graduatoria nel secondo semestre di ogni anno. E non quando capita, con intervalli anche superiori anche ai 24 mesi come accadeva in passato». Invece sul fronte della ristrutturazione degli alloggi comunali, l’esponente della giunta di centrodestra sottolinea il lavoro di ripristino degli appartamenti non agibili. «Stiamo accelerando questi interventi per rendere disponibili anche queste case, in modo da ulteriormente asciugare la lista di attesa. Stiamo parlando di una ventina di appartamenti, che rimetteremo a disposizione entro la fine dell’anno».
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