I fusti per le scorie radioattive diventano opere d’arte
Dal 29 settembre al 14 ottobre una mostra con 50 opere nel deposito temporaneo (Interim storage facility) dove saranno stoccate le scorie nucleari del Jrc
I fusti neri utilizzati per le scorie radioattive al Jrc di Ispra diventeranno delle opere d’arte. Per due settimane a partire dal 29 settembre, data dell’inaugurazione, cinquanta opere di altrettanti artisti verranno esposte nel deposito temporaneo (Interim storage facility) dove saranno stoccate le scorie nucleari del centro di ricerca sul Lago Maggiore. “Gli spazi dell’arte“, progetto nato da un’intuizione di Antonio Bandirali del comitato culturale del Jrc, ha una finalità artistica e al tempo stesso una missione scientifica, ovvero parlare del tema della disattivazione nucleare e quindi dell’eredità che lasciamo alle future generazioni.
LE SCORIE NUCLEARI E IL PRATO VERDE
I responsabili della sicurezza nucleare del Jrc per dimostrare che si può disattivare un sito nucleare in tutta sicurezza hanno organizzato la conferenza stampa di presentazione in un ex edificio nucleare. «Quando questo sito è stato rilasciato – ha spiegato Riccardo Casale, consigliere per la disattivazione nucleare del Jrc – sono state fatte 17mila misurazioni per assicurare che non ci fosse più traccia di radioattività. L’obiettivo in questi casi è il cosiddetto green field: alla fine del ciclo delle attività nucleari sia di potenza che di ricerca si deve restituire il sito nelle stesse condizioni di partenza, cioè bisogna ritornare a un prato verde su cui i bambini possono giocare senza correre nessun rischio».
DISATTIVARE È UN DOVERE MORALE
Quando però si parla di scienza nucleare e radioattività subentra una diffidenza di fondo perché la sensazione del pericolo immanente spadroneggia nell’immaginario collettivo. È bastato infatti che l’artista Giorgio Vicentini in conferenza stampa pronunciasse la parola «sarcofago», per definire l’area super tecnologica per lo stoccaggio delle scorie del Jrc, per scatenare l’immediata reazione degli esperti che hanno subito specificato che il processo di disattivazione nucleare viene effettuato a rischio zero.
Il centro di ricerca di Ispra ha ospitato a partire dagli Anni Cinquanta due reattori nucleari, un acceleratore e svariati laboratori per il trattamento del materiale radioattivo. Questi apparati, che hanno svolto il loro lavoro e sono arrivati a fine corsa, ora devono essere smantellati e per farlo occorre gestire i detriti e i rifiuti radioattivi generati in 60 anni di ricerca. «Il nostro compito – ha spiegato Paolo Peerani, capo unità disattivazione nucleare – è evitare che le attività nucleari svolte sul sito lascino un retaggio a chi verrà dopo, noi siamo al servizio delle generazioni future. Per noi l’adeguata disattivazione e l’adeguata gestione dei rifiuti radioattivi è prima di tutto un dovere morale».
Alla domanda se i dati epidemiologici in possesso del Jrc rivelassero un’incidenza maggiore di leucemie o altre malattie legate all’esposizione delle radiazioni nucleari tra gli abitanti dei paesi vicini al centro di ricerca, gli stessi esperti presenti hanno risposto che non vi è alcuna evidenza in quel senso.
L’ARTE AIUTA LA SCIENZA A DIALOGARE
A questa collettiva, pensata e voluta da Antonio Bandirali del comitato culturale del Jrc e curata dal critico Sandro Parmiggiani, partecipano numerosi artisti che dovranno reinterpretare i fusti neri usati per le scorie nucleari secondo la loro sensibilità, tra questi anche il designer Marcello Morandini (video), il creativo Luca Missoni e il compositore Pietro Pirelli. Le opere rimarranno esposte dal 29 settembre al 14 ottobre e la mostra sarà visitabile dai privati durante i fine settimana e dai gruppi organizzati (scuole e associazioni) nei giorni feriali su prenotazione sul sito del Jrc. «Il messaggio artistico è molto chiaro e trasparente – ha concluso Maria Betti, direttore Nuclear safety and security del Jrc – e lascia molta libertà di interpretazione e di riflessione, più di tanti discorsi. Apre uno sguardo introspettivo e in prospettiva ecco perché abbiamo avuto l’idea di trasmettere attraverso l’arte alla popolazione quello che noi facciamo qui al Jrc».
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