Il paesaggio ci renderà grandi
L'assessore Roberto Cecchi riflette sul grande potenziale della città e lancia il festival Nature Urbane. "Una grande occasione per trovarci intorno a valori che cambieranno Varese"
“Sono un uomo fortunato. Amo vivere a Varese. Una delle sensazioni più belle la provo quando torno a casa dopo qualche impegno a Milano, ed esco dall’autostrada a Buguggiate. In primavera, nelle prime ore della sera, appare con tutte le sue luci il Sacro Monte e sullo sfondo il lago. Una magia, un incanto”.
Non era Stendhal a descrivere questo paesaggio, ma Che Naraine, dirigente di industria che all’epoca dell’intervista, dieci anni fa esatti, era vice presidente di Whirlpool Emea.
Quando Roberto Cecchi ha accettato di fare l’assessore a Varese deve aver pensato qualcosa di simile perché per lui il nostro territorio ha un grande potenziale che arriva proprio dal paesaggio.
“Pensate che questo in Lombardia è tutelato per il 49% dello spazio. A Varese per il 73% e già un dato simile ci spiega molte cose. Sono convinto che lo sviluppo del territorio possa partire da qui”.
L’assessore aveva iniziato a lavorare in punta di piedi chiedendo subito scusa ai varesini per aver definito la città come una bella addormentata.
“La presenza di cento associazioni – diceva nell’intervista di un anno fa – è un indicatore di vitalità ed energia. C’è bisogno di portarlo alla luce”. Così si è preso del tempo per incontrarle tutte per arrivare a scrivere un piano strategico della cultura e del turismo. Un documento approvato poi in Consiglio comunale e che è una sorta di piano regolatore per lo sviluppo di queste attività.
Turismo e cultura devono andare a braccetto e consentire così alla città di rimettersi in moto.
Nature urbane si svolgerà a Varese dal 29 settembre all’8 ottobre ed è un primo passo concreto per rendere operativa una strategia contenuta nel piano.
Assessore, come nasce questo singolare festival?
«Nature urbane è il frutto di un lavoro di un anno. Nella prima parte mi sono dedicato ad ascoltare le tante realtà del territorio per arrivare al piano strategico. Una volta approvato questo e il bilancio del comune, abbiamo costituito un primo gruppo di lavoro chiedendo un contributo importante al Fai, e nel specifico ad Anna Bernardini. Abbiamo rafforzato il team inserendo figure dell’amministrazione come Antonella Perrotta che ci dà un grande aiuto sul piano dell’organizzazione e della comunicazione. È stato un lavoro in sinergia ma lavorando tutti insieme. Da subito ho pensato che la forza di Varese sta nel suo paesaggio che va dal Campo dei fiori al lago. Se pensiamo poi che la città ha ben 114 ville private di grande pregio oltre a quelle pubbliche si capisce come partire da qui sia la cosa più logica».
Come mai questo nome?
«Nature urbane sembra un ossimoro perché si pensa alla natura come qualcosa di contrapposto all’urbanizzazione che la rovina. Non è per forza così perché il paesaggio è l’insieme delle due componenti. Il tema del festival è quindi dedicato a questo connubio».
Lei è davvero convinto che il paesaggio possa essere un volano per lo sviluppo?
«Non sono convinto solo io, ma tanti economisti. Lo sviluppo del Paese non è più legato alla fabbrica fordista che poteva nascere ovunque. Oggi il mondo dell’economia sta riflettendo molto su questo e stiamo passando da ford ai cluster valorizzando i territori. Questo significa che al centro di tutto stanno le relazioni, i rapporti tra le persone, la capacità di fare rete riconoscendo valori forti come quello del territorio. Questo è il nodo per il futuro. Noi lo stiamo apportando con qualche ritardo rispetto ad altri paesi, ma io sono convinto che in questo Varese potrà essere di esempio non solo in Lombardia, ma in tutta Italia».
Cosa serve per dare seguito a questa sua visione?
«Crederci. Dobbiamo costruire un sistema che sia conseguente ai valori che indicavo. A volte bastano gesti semplici, come spostare una fermata o un orario di un bus. Si pensi solo a come Varese vive la Schiranna. Sembra quasi che sia in un’altra città. Non è collegata bene. Ecco, dobbiamo partire da modificare questi aspetti a cui magari finora non avevamo pensato. Ovvio poi che questo non basta. Dobbiamo guardare a quelle esperienze virtuose che hanno avuto grande successo in Italia. Mi viene in mente Torino, dove fare sistema non è uno slogan. La città ha creduto al proprio potenziale e ha fatto nascere una fondazione che gestisse il museo egizio. Oggi questo è uno degli spazi più visitati in Italia e occorre fare sempre la coda per entrare».
Come vede il futuro per Varese?
«Vedo piccoli segnali positivi, ma che sono molto incoraggianti. Un evento come Nature urbane era impensabile fino a poco tempo fa. Ora porteremo in città grandi personaggi, ma soprattutto l’occasione per ripensare al nostro futuro. C’è grande attenzione e sono arrivati sponsor che finora non si erano mai mossi per Varese».
Qual è la cosa che la rende più contento di aver organizzato il festival?
«Ce ne sono molte. La più importante è proprio aver messo al centro il valore del paesaggio. Sono convinto che dovremo lavorare molto, ma stiamo indicando una strada affascinante e concreta. Poi nel merito portare in città i giovani artisti del Piccolo teatro di Milano che accompagneranno nomi importanti in diverse performance. Ci saranno circa duecento eventi tra visite alle ville, incontri e spettacoli. Sono coinvolte 24 ville, otto comunali, tredici private e tre del Fai».
Varese passa così dall’appellativo che l’ha resa famosa come la “città giardino” a territorio del paesaggio. Non è più il semplice verde o la presenza delle ville a renderla ricca, ma un connubio tra la natura e la sua storia a partire dal Sacro monte per finire in mezzo al lago. E viene così subito da pensare alla fortuna di avere due beni Unesco solo sul territorio comunale.
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