In viaggio col Mercante

Alla ricerca di Bunna: viaggio nell’Etiopia del caffè, seconda parte

Seconda parte del viaggio in Etiopia di Giancarlo Samaritani, alias "Il mercante di caffè": tra le piante di coffea arabica

E’ difficile definire “In viaggio col Mercante”, la rubrica di Varesenews basata sui documenti di Giancarlo Samaritani, direttore commerciale di Chicco d’Oro Italia: un grande viaggio nel lavoro di popolazioni che spesso ignoriamo ma che sono legati a doppio filo, quotidianamente, a noi fin dalla mattina: cioè ogni volta che sorseggiamo una tazzina di caffè. Il primo dei viaggi alla scoperta di mondi e popolazioni è in Etiopia. Questo è il secondo dei 4 contributi di cui sarà composto il viaggio.
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Nell’umidità della foresta pluviale le piante selvatiche di coffea arabica crescono spontaneamente, mantenendo inalterate le loro caratteristiche primigenie. Non sono permessi interventi dell’uomo ad eccezione della raccolta manuale dei frutti che è libera e rappresenta per gli abitanti del luogo un’esigua fonte di sostentamento.

Le piante che si sviluppano nella vegetazione spontanea della selva danno origine ai forest coffee (caffè di foresta), mentre quelle coltivate nei pressi delle abitazioni danno origine ai coffee gardens (caffè di giardino) i cui chicchi assimilano note floreali, fruttate e speziate a seconda delle piante con cui vengono a contatto.

I coltivatori sono i discendenti di un’etnia indigena chiamata oromo. Si crede che gli oromo già in antichità facessero uso di piante endemiche tra cui la coffea. Utilizzavano sicuramente le foglie per farne decotti e presumibilmente avevano l’abitudine di masticare le bacche, cosicché involontariamente contribuirono alla diffusione dei semi quando furono condotti come schiavi ad Harar per poi essere imbarcati sulle navi dirette ad altre mete.

Le piante di coffea arabica crescono ad altitudini che variano tra i 1200 e i 2000 metri, si trovano all’ombra di alberi ad alto fusto che li proteggono dal sole e che per questo sono chiamati in gergo coffee mama’s.

Nel periodo che va da dicembre a febbraio avviene la raccolta dei frutti, che è rigorosamente fatta a mano e coinvolge praticamente tutta la comunità. I raccoglitori staccano le ciliegie mature, selezionandole in base al colore rosso, lasciando quelle verdi e gialle sulla pianta, perciò i tempi di raccolta si allungano fino a durare qualche mese.

Le drupe raccolte nei sacchi sono portate presso i centri all’interno delle piantagioni, dove sono pesate e riversate su stuoie per passare una seconda selezione che elimina grossolanamente i frutti guasti ed acerbi.

(Fine della seconda parte – continua)

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Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Dicembre 2017
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