Disturbi e difficoltà dell’apprendimento: nuovi protocolli per la prevenzione

La sperimentazione del professor Termine, docente di Neuropsichiatria infantile all’Insubria, per individuare precocemnete le difficoltà scolastiche, sostenere scuole e famiglie nel risolvere i casi meno gravi e facilitare la presa in carico tempestiva di quelli più gravi

dsa bambino

Tra i 5 e i 7 anni almeno un bambino su cinque incontra delle difficoltà nell’apprendimento. Ma un intervento tempestivo di potenziamento spesso è sufficiente a risolvere il problema, evitando che diventi cronica ragione di insuccessi scolastici. Questi alcuni dei risultati dello studio presentato ieri a Varese dal professor Cristiano Termine, docente di Neuropsichiatria infantile dell’Università dell’Insubria, finalizzato a creare e mettere in pratica protocolli e percorsi definiti per individuare precocemnete le difficoltà scolastiche, sostenere scuole e famiglie nel corretto intervento e permettere ai casi più gravi di essere presi in carico velocemente dal servizio socio sanitorio.

Le difficoltà nello sviluppo del linguaggio prima, e quindi nel corretto apprendimento della lettoscrittura poi, sono in aumento. É un dato tendenziale dei nostri tempi, spesso motivo di agitazione all’interno delle famiglie, colte da preoccupazione alla rincorsa di esperti e pareri su percorsi attualmente poco lineari e dai temi di attesa anche molto lunghi.

Attuare la legge
“Per corregge queste criticità la legge 170 prevede che le Regioni si dotino di protocolli specifici, come hanno già fatto Piemonte e Veneto”, spiega il professor Termine. La sua sperimentazione punta a creare percorsi virtuosi, efficaci e quindi rassicuranti anche in Lombardia, a partire da protocolli di osservazione proposti a educatori di scuola materna e docenti delle elementari e con i quali sono già stati osservati 500 bambini tra i 5 e i 7 anni.

Primo passo: osservazione
“Di questi 500 bambini circa il 20-25% hanno mostrato delle difficoltà nell’apprendimento, anche normali in bambini così piccoli”, precisa. “Ogni bambino ha i suoi tempi e le sue caratteristiche, compito dell’educatore e dell’insegnante è osservare e riconoscere comportamenti predittivi di queste difficoltà per poi intervenire con percorsi potenziamento appropriati”.

Secondo passo: potenziamento
Le difficoltà dell’apprendimento sono svariate: “Possono riguardare il linguaggio, l’attenzione, la letto-scrittura, il calcolo, le capacità motorie e psicomotorie – spiega Termine – ma non sempre sono sintomo di Disturbo specifico dell’apprendimento (DSA)”. Anzi, la sperimentazione promossa dall’Insubria ha proposto agli insegnanti dei percorsi di potenziamento con esercizi molto pratici da ripetere con i bambini in difficoltà per tutto l’anno. “E l’osservazione condotta al termine ha dimostrato l’efficacia di questa soluzione per almeno la metà dei bimbi in diffcoltà – aggiunge il professore – il che non significa che gli altri bambini abbiano dei disturbi, ma semplicemente che le loro difficoltà meritano di essere indagate meglio.

Percorsi e convenzioni
“La normativa prevede che gli Uffici scolastici regionali creino convenzioni con le strutture di Neuropsichiatria infantile per approfondire i casi in cui non si notano miglioramenti nonostante il potenziamento – spiega Termine – ma bisogna definire come i servizi possano intervenire per ridurre le liste di attesa attualmente molto lunghe per indagini di questo tipo”. E in questo senso la sperimentazione andrà avanti anche nei prossimi mesi con un tavolo ad hoc di Ats Insubria costituito per dare risposte ai casi più urgenti durante l’estate, mentre i bambini con difficoltà persistenti nonostante il potenziamento, ma comunque non urgenti, continueranno ad essere monitorati a scuola.

“Oltre a pianificare dei protocolli attuativi della legge, vogliamo arrivare a formulare una proposta concreta perché i servizi siano in grado di offrire risposte chiare e pertinenti per i casi segnalati dalla scuola in base ai protocolli>, spiega Termine, che punta in questo senso a formare almeno un referente per scuola che, in base a parametri chiari, sappia indirizzare ai servizi i casi urgenti e gestire quelli meno gravi. “Protocolli di osservazione, percorsi di potenziamento chiari servono al affrontare con i mezzi appropriati i problemi,  a tranquillizzare le famiglie e a sostenere i docenti nel loro ruolo di rendere percorribile la crescita scolastica anche ai bambini con difficoltà non gravi. È il principio dell’inclusione>.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Giugno 2018
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