Il mio bar (omaggio a Paolo Conte)
di Fmk
C’ho pensato un po’, se chiamare il mio piccolo bar Mokambo, e al fine non mi è sembrato il caso, per via di quella malinconia di fondo… dopo è più facile dormire e andare oltre i pensieri con un libro, però in questo racconto lo chiamerò così, Mokambo, in omaggio a Paolo Conte e alla sua canzone… e il mio amico Frank, col quale passo le serate a osservare il via vai, lo chiamerò Angiolino, come il personaggio di un’altra canzone, e Carlo Rizzi con il suo contrabbasso, beh lui lo chiamano già Charlie Raiz e gli lascio il nome da suonatore assorto in meditazioni… qui al Mokambo non ci sono clienti, al mio piccolo bar vengono solo personaggi, e se uno non è personaggio ci pensiamo noi, Angiolino e io, a farlo diventare, e lo costruiamo a nostro uso e consumo… e quando i ragazzi entrano a prendersi un cuba libre mi salutano come se io fossi la statua di Pessoa al bar di Lisbona, e a qualcuno dico guardate che non sono finto, e loro non mi ascoltano, e hanno ragione, sono davvero una statua, io la vita la vivo qui seduto… è tutto un complesso di cose che fa sì che io mi fermi qui, me lo dice sempre Giovanni Ardemagni, lui interpreta monologhi, che scrive là, in quell’angolo, senza penna, li scrive a memoria, è un bravo attore, e fa tutto a memoria, e il primo lavoro lo intitolò Bartali, e la canzone di Paolo Conte nel suo monologo l’aveva messa all’inizio e poi alla fine, la storia invece non c’entrava niente col Bartali ciclista e coi francesi che ancor si incazzano… E adesso arriva il pittore Samuele Arcangioli, cammina dinoccolato e si porta dietro quell’altro, buono anche lui, l’Angelo Zilio, scultore e ceramista, e il gestore va a prendere un nuovo fusto di birra, se basterà, e anche Fabio Antonini non scherza, nel bere, lui è idraulico, però ha l’intelligenza di un elettricista così almeno un po’ di luce avrà… le pareti del mio bar sono intrise delle parole di Paolo Conte, non so chi le vede, le storie d’amore nascono lì dentro, è la sensualità delle vite disperate a promuoverle, e svaniscono come i mojto, che non servono a niente dal quinto in su, ma alcune di quelle storie sono rimaste, come quelle di Laura & Samuele, Marta & Michelino, Patricia & Davide, Francesca & Cristofer, hanno generato figli in carne e ossa, oppure idee che io ho sempre detto in carne e ossa, perché la fantasia è qualcosa di concreto, che si tocca, e chi la frequenta sa di che parlo… e poi la mia triste storia di solitudine, il curatore del fallimento è di là che mi aspetta, vuole offrirmi un caffè, ma nella cittadina dove il tempo si è fermato contano solo i soldi, l’aveva già detto Piero Chiara di Luino, e a me restano le parole… Cercando di te in un vecchio caffè ho visto uno specchio, e dentro ho visto il mare, e dentro al mare una piccola barca per me.
Racconto di FMK, illustrazione dal disco “Un gelato al limon” che contiene La donna d’inverno, Bartali, Gelato al limon, Rebus – Paolo Conte, 1979
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