Angela Ceriotti, da volontaria giramondo a candidata per il Pd a Busto Arsizio
La candidata del PD inserisce nel dibattito elettorale i temi dell’accoglienza, lavoro ed ecologia auspicando di poter mettere al servizio della città le sue esperienze di volontariato internazionale
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Angela Ceriotti è candidata con il PD, che insieme a M5S e Verdi sostengono il candidato sindaco Maurizio Maggioni. Nata a Busto Arsizio nel 1951, viene da una famiglia che le ha trasmesso fin da subito la passione politica: il padre fu assessore ai lavori pubblici durante il mandato, durato dal 1947 al 1961, del sindaco democristiano Giuseppe Rossini. Dopo varie esperienze di volontariato e soggiorno fuori dalla città e anche dall’Italia, ha deciso per la prima volta di presentarsi alle elezioni.
Ci racconti come hai iniziato a fare volontariato?
«L’imprinting del volontariato è di famiglia. Mio padre ha partecipato alla fondazione dell’Associazione Famiglie Numerose con l’obiettivo di aiutare le famiglie emigrate dalla Sicilia negli anni ’60 a trovare casa e lavoro per integrarsi nel tessuto sociale della città. Mia madre invece si è occupata della creazione dell’Oasi Santa Chiara e della Cascina Marco Riva. Per quanto riguarda me, attualmente sono attivista di Amnesty International, ma negli anni ho fatto molte esperienze diverse: ho lavorato con le associazioni Apeiron e Women’s Foundation che si occupano della cura psico-fisica e inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza in Nepal. Sono stata immersa fin da piccola nella cultura bustocca del tessile, a partire da mio nonno tessitore. Ora mi occupo della ricerca di tendenze e colori e di illustrazione, e nei periodi che ho passato a Kathmandu ho usato queste competenze per realizzare con le donne collezioni di sciarpe di seta o tessile per la casa sui telai tradizionali, prodotti poi distribuiti in Italia. Nel 1996 ho lavorato a Sarajevo con Sprofondo, un’associazione cattolica di Como. Il mio compito è stato quello di portare i medici presso i pazienti che non si potevano muovere. E’ stata un’esperienza forte che mi ha fatto capire l’orrore della guerra e cosa voglia dire scappare senza nulla».
E la politica come si inserisce in questo percorso? Cosa c’è da fare a Busto?
«Sono iscritta al PD da parecchio tempo, prima a Milano, poi a Castellanza ed ora a Busto, ma non ho mai fatto politica attiva. Questa volta ho deciso di mettere al servizio della collettività le esperienze fatte sul campo, soprattutto a cominciare dai temi di accoglienza, lavoro ed ecologia. Sono tornata a vivere a Busto da poco e la prima impressione che la città mi ha dato è stata negativa, nonostante la presenza di molte associazioni che fanno un duro e innovativo lavoro, spesso integrando le mancanze dei nostri amministratori. Ho notato infine anche un forte disagio giovanile, e ci penso due volte prima di far uscire le mie due nipoti adolescenti. Probabilmente Busto non offre ai suoi giovani molto di stimolante sotto il profilo sia ludico che culturale che permetta loro una crescita più sana e in connessione col mondo. C’è veramente tanto da fare, va risvegliata l’innata generosità e lo spirito d’accoglienza dimostrato dai bustocchi negli anni passati e il desiderio di fare bella la propria città anche attraverso l’aiuto del settore pubblico».
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