Un anno d’amore
di Alessandra Stifani
Harriet esce dalla porta sul retro della palestra e si avvicina alla Chevrolet Corvette rosso fiammante, regalo di Seymour per la nascita di Seymour III o Lewinsky, il maschio dopo due femmine. Barcolla, il respiro accelerato, un pallore innaturale. Sull’abitino lilla strizzato in vita si allarga una macchia scura e i capelli, di solito legati da un nastro, sbattono liberi nella brezza di primavera. Cerca di aprire la portiera, la mano appiccicosa trema e la chiave cade nella polvere. Si guarda attorno, il cortile della scuola é deserto, le lezioni iniziate da un pezzo: deve fuggire, tornare a casa. Riprende fiato, ripulisce la mano nella gonna e parte sgommando. Sbanda a ogni curva, lo sguardo velato dal pianto, una nuvola di polvere.
È finito così, un anno d’amore. Leo l’ha lasciata per una majorette dell’ultimo anno e a ventisei anni appena compiuti si é sentita vecchia.
Lei, la bella figlia del capostazione, era stata la ragazza più popolare del liceo, cheerleader e reginetta della festa del diploma, sposa predestinata del rampollo della famiglia ricca di Hurlington, industriali della carne in scatola. Un campione di football e nulla più. Le amiche le invidiavano la casa in stile neocoloniale, i tre figli in cinque anni e il sorriso sempre stampato sulle labbra. Le copiavano gli abiti color pastello, le borsette in tinta e il vezzo di portare grandi occhiali da sole anche in inverno; non li lasciava mai, coprivano bene i segni delle botte del marito spesso ubriaco, ma loro non lo sapevano. Poi era arrivato il supplente di ginnastica, una testa di riccioli scuri fino alle spalle, poco più di un ragazzo. Le aveva sfiorato il braccio, sollevato le spesse lenti scure e scoperto gli occhi cerchiati. Harriet, affondando le dita nei capelli, l’aveva attirato a sé: labbra fresche, sapore di menta. Un bacio così diverso da quelli di Seymour, e le era sembrato il primo.
Era iniziato così, un anno d’amore. Si vedevano di nascosto al Motel della contea vicina, nello spogliatoio della palestra, persino in auto mentre tutti guardavano i fuochi del 4 di luglio. Brittany, la sciocchina dell’ultimo anno, ha rovinato tutto.
A nulla é servito implorarlo, urlare tra le lacrime “Ricorderai, tutti quanti i miei baci“, provare a baciarlo ancora. E quando le ha girato le spalle, ha preso la mazza da baseball. Un tonfo, è caduto senza un lamento.
Il sole è già alto. Harriet guida con una mano, l’altra chiusa a pugno cerca di controllare l’urlo di dolore che non trova pace. Abbassa lo sguardo sulla gonna stazzonata e rivede la testa spaccata abbandonata lì, un bimbo addormentato. Non vede il mostruoso truck della Lewinsky Enterprise, non sente l’urlo della tromba del clackson, né il fragore delle scatolette di carne che la travolgono.
“Sì, può finire qui”
Ispirato alla canzone Un anno d’amore – Mina, 1967
Racconto di Alessandra Stifani, illustrazione di Alessandro Boscarini
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