I famigliari di Giuseppe Pegoraro scrivono ai giornali
15 Settembre 2013
Di fronte al dolore le persone reagiscono come possono. Ognuno a modo proprio, è una questione di educazione sentimentale, ma anche di carattere.
Sulla vicenda che ha portato alla morte di Laura Prati però ci sono diverse cose che lasciano l’amaro in bocca.
Abbiamo deciso di pubblicare la lettera dei fratelli di Giuseppe Pegoraro perché è un loro diritto dire la propria opinione, ma anche perché i lettori possano conoscere e riflettere.
Usano poche righe di premessa sulla gravità del gesto del Pegoraro e poi una lunga sequenza di argomentazioni giuridiche riguardo alla vicenda che ha vissuto lo stesso. Non c’è una sola parola che cerchi di comprendere quanto accaduto, che vada in profondità riguardo alla condizione di vita del loro congiunto. Nulla di autocritico, ma solo il bisogno di ribadire con puntiglio aspetti giuridici.
La lettera è stata senza dubbio scritta da un legale, ma il punto non è questo. A chi giova? Perché lo si fa? C’è un estremo bisogno di verità? Se così fosse, non si pensa che la prima verità importante oggi è che una donna, una mamma, un sindaco, una cittadina non c’è più a causa di un gesto inqualificabile?
Nella profondità della propria anima Giuseppe Pegoraro troverà le ragioni che lo hanno scatenato in una vera follia assassina. Non le troverà aggrappandosi a qualche cavillo legale. E questo non vale solo per lui.
A volte, molto spesso, per chi ama, meglio il silenzio.
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I familiari di Giuseppe Pegoraro ed in particolare i fratelli, profondamente colpiti dal dolore e dalle sofferenze provocate dal gesto del loro congiunto del 2 luglio ed angosciati dal tragico epilogo, condannando, quindi, i fatti di cui si è reso responsabile, sono consapevoli che ne pagherà le conseguenze e che la giustizia farà il suo corso.
Molti giornali in questi due mesi, hanno scritto, con modalità più o meno simili, che Giuseppe Pegoraro ha agito perchè, pur avendo barato sugli orari di lavoro e straordinari, lasciando intendere di aver spillato chissà quali quantità di denaro alla Pubblica Amministrazione Cardanese, non aveva accettato l’onta di essere stato scoperto e condannato per truffa e peculato.
Corre l’obbligo di fornire ai media, quindi, per il dovere di cronaca e la corretta informazione che tanto piacciono ad ogni buon giornalista, alcune fondamentali precisazioni riguardanti la sentenza del tribunale di Busto Arsizio del 16 ottobre 2012, documenti alla mano.
Giuseppe Pegoraro per il reato di truffa dei cartellini del 2005 NON E’MAI STATO INDAGATO.
Il 12 ottobre 2009 gli furono notificati due capi di imputazione emersi durante quelle indagini penali: mobbing e peculato.
La sentenza del 16 ottobre 2012 ASSOLVE Giuseppe Pegoraro dall’accusa di mobbing nei confronti di tre colleghi perchè "il fatto non sussiste", e lo CONDANNA per peculato.
Il termine peculato è estremamente generico e va precisato.
Il peculato di cui si è macchiato Giuseppe Pegoraro (rilevato tramite G.P.S. investigativi) è stato, nel 2005, l’uso improprio dell’automezzo comunale, consistente nello sconfinamento dal Comune di Cardano al Campo, per poche centinaia di metri, in sole 2 occasioni di un minuto ciascuna approssimativamente, per passare davanti all’abitazione di una vigilessa per un controllo.
La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, quindi, CONDANNA Giuseppe Pegoraro a due anni di reclusione, 9000 euro di risarcimento danni in favore del Comune di Cardano al Campo, l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena ed il pagamento delle spese processuali. Tra l’altro, nonostante la prescrizione di questa condanna (sono passati 8 anni) Giuseppe Pegoraro ha fatto ricorso in APPELLO.
E’ doveroso pure segnalare che per questa imputazione il Pubblico Ministero accusatore del tempo chiese, vista la tenuità del reato, l’assoluzione.
A seguito di tutto ciò il Comune di Cardano al Campo ha istituito una COMMISSIONE DISCIPLINARE che a dicembre 2012, in via cautelativa, sospende dal lavoro Giuseppe Pegoraro per sei mesi a stipendio dimezzato. Il lavoro sospeso non é più quello di vigile, essendosi egli dimesso da tale ruolo nel 2006, ma di impiegato all’ufficio ecologia.
Il 4 giugno 2013 poi, la COMMISSIONE DISCIPLINARE, dopo aver avuta conoscenza della sentenza integrale e vagliato la MEMORIA DIFENSIVA presentata da Giuseppe Pegoraro, di fatto ignorando conclusioni fondamentali della sentenza del 16 ottobre 2012 perchè non tiene conto dell’ASSOLUZIONE di Giuseppe Pegoraro, lo condanna per mobbing "per aver posto in essere sistematici e reiterati comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che hanno assunto forme di violenza morale e di persecuzione psicologica nei confronti di altri dipendenti", aggiunge la condanna per truffa (per la quale non fu mai neppure inquisito), il danno all’immagine del Corpo di Polizia locale e dell’ ente comunale, il peculato ed altro ancora.
La COMMISSIONE DISCIPLINARE perciò sospende nuovamente Giuseppe Pegoraro per altri sei mesi, con stipendio dimezzato. In totale un anno di sospensione a metà stipendio.
Concludendo, si é ritenuto fosse corretto che i cittadini Cardanesi e tutti coloro che hanno conosciuto questa brutta vicenda tramite la stampa locale, provinciale e regionale, fossero informati anche sulla effettiva realtà dello stato giuridico di Giuseppe Pegoraro antecedente il 2 luglio 2013, realtà che non giustifica ciò che egli ha compiuto quel giorno, ma sicuramente può far riflettere.
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