Che cosa c’entrano le svastiche con le telecamere?

Si anima il dibattito dopo gli atti vandalici sulle statue del presepe di piazza Santa Maria. Sabato 13 la commemorazione dei lavoratori della Ercole Comerio deportati a Mauthausen

Che cosa c’entrano le svastiche con un presepe? Che cosa c’entrano le svastiche con le telecamere? Non è un gioco o uno scioglilingua, ma gli strascichi che i recenti episodi di imbrattamento, con simboli del Terzo Reich, delle statue del presepe di Piazza S. Maria hanno lasciato nella città. Il Comune, per evitare ulteriori atti vandalici, ha infatti deciso di installare  telecamere per la protezione di statue e monumenti cittadini. 

Le due domande iniziali probabilmente meritano una risposta che non sia giustificabile solo su un piano repressivo. Questa è la posizione di Umberto Colombo, segretario della Camera del Lavoro di Busto Arsizio. «Difficilmente questo strumento può essere di qualche utilità se in città non si diffonderà una cultura del rispetto dei valori democratici e della solidarietà e non si condannerà apertamente il rigurgito dell’intolleranza, del razzismo e della sopraffazione. La comparsa di quelle svastiche in città offende soprattutto i valori della democrazia, della resistenza, gli ideali di libertà della Costituzione della Repubblica Italiana. Il modo migliore per cancellare quelle svastiche è quello di non dimenticare gli orrendi crimini che il nazifascismo ha compiuto, anche nella città di Busto Arsizio».

Ricordare per rendere giustizia a chi non poteva più farlo, era anche l’imperativo di Primo Levi, uno stimolo per  scrivere e testimoniare, l’unica possibilità di rendere giustizia a chi non poteva più farlo. 
Non solo telecamere, dunque, per ricordare. La città risponde  attraverso la commemorazione, che avverrà sabato 13 gennaio, dei lavoratori della ditta Ercole Comerio, dei delegati sindacali della commissione interna che i nazisti, sotto la minaccia delle armi, strapparono dal posto di lavoro e deportarono nel campo di concentramento di Mauthausen, dove furono uccisi dopo sofferenze e torture.
«Anche grazie a quei lavoratori- conclude Umberto Colombo- dobbiamo i valori della democrazia e della libertà, dei diritti e della solidarietà: bisogna ricordarlo. Occorre parlarne soprattutto agli studenti ed ai giovani lavoratori; questa pagina di storia non può essere "censurata", ci sono testimonianze in una fabbrica, la Ercole Comerio, e in una città che non puo’ dimenticare».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Gennaio 2001
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