Yossl Rakover, l’ultimo sopravvissuto del ghetto di Varsavia
Questa è una storia che inizia nell'autunno del 1946, anno in cui viene pubblicato su una rivista yiddish di Buenos Aires un monologo che dà voce all’ultimo sopravvissuto del ghetto prima della definitiva distruzione
«Leggere le parole che Yossl Rakover rivolge all’Eterno accompagnate dal commento che il maestro Emmanuel Lèvinas offre a noi lettori è, a mio parere, una delle esperienze più fondanti per l’ebraismo del futuro». Queste parole sono di Moni Ovadia, uno dei massimi interpreti della cultura e del teatro yiddish contemporanei, e Yossl Rakover si rivolgerà a Dio, attraverso la sua interpretazione teatrale.
Questa è una storia che inizia nell’autunno del 1946, quando viene pubblicato su una rivista yiddish di Buenos Aires un racconto dal titolo “Yossl Rakover si rivolge a Dio”, un monologo che dà voce all’ultimo sopravvissuto del ghetto di Varsavia prima della definitiva distruzione da parte dei nazisti. L’autore è un tale Zvi Kolitz, un ebreo lituano, che ha scritto il testo in una sola notte, chiuso in una camera di albergo.
Kolitz sulla rivista racconta anche l’origine del testo, risalente ad un anonimo manoscritto trovato casualmente nelle rovine del ghetto. Una finzione letteraria riuscita e probabilmente scritta nel destino dell’opera, perché Yossl Rakover diventa una figura che acquista una sua autonomia, una sua vita, distinta da quella del suo stesso autore. Il racconto diventa un testo quasi di culto, tanto che Levinas lo definirà un salmo moderno, «vero come solo la finzione può esserlo».
Un testo intenso che rimanda con forza al lettore il dolore per un destino non sempre comprensibile nel suo crudele divenire, ma che è allo stesso tempo preghiera, supplica sussurrata, accettazione in nome di un amore. Non è il grido rauco di protesta che Giobbe rivolge al Dio d’Israele. «Ma che cosa volete – dice Yossl- avete vuotato il cielo e credete adesso che sotto un cielo vuoto possa abitare un mondo devoto ed onesto? No, Dio ha nascosto il suo volto al mondo, ed in questo modo lo ha consegnato agli uomini ed ai loro istinti selvaggi; ritengo quindi assai naturale che, quando la furia degli istinti domina il mondo, chi rappresenta la santità e la purezza debba essere la prima vittima».
La distruzione del popolo d’Israele è la dimostrazione che questo popolo è il prediletto? Uno scarto interpretativo imprevedibile e suggestivo quello di Yossl Rakover, che impone una nuova riflessione. Il mondo e il pensiero dopo la Shoah volevano dimostrare che era cambiato persino il concetto di Dio (Hans Jonas, “Il concetto di Dio dopo Auschwitz”) e che la finitezza degli uomini riusciva a sconfinare e a determinare “ciò che sarà”. Ma nonostante la difficile prova, Yossl Rakover accetta e ama Dio. «Sempre ti amerò, sempre sfidando la tua stessa volontà. Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno…».
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