In bateau-mouche: a Parigi? No, a Milano
Presentato lo studio sulle potenzialità turistiche della via navigabile tra Svizzera e Lombardia
Il progetto venne presentato ad Arona alcuni mesi fa: la riapertura della via navigabile Locarno – Milano. Un’iniziativa INTERREG III A Italia – Svizzera, che vede impegnati pariteticamente Regione Lombardia, Regione Piemonte e Canton Ticino, le tre istituzioni attraversate dalla futura via di comunicazione. Allora vennero annunciati i costi complessivi del progetto, circa 30 milioni di euro e lo stanziamento dei primi fondi, per mano del Pirellone e di Torino. Alla componente svizzera era spettato il compito di mettere a punto uno studio analitico sulle potenzialità turistiche dell’intero progetto. I risultati della ricerca, condotta dall’Istituto di management turistico di Bellinzona, sono stati presentati questa mattina a Locarno.
Ebbene, i dati che inquadrano questo ritorno al passato – la idrovia, fino almeno a metà del secolo scorso era utilizzata addirittura per fini industriali – appaiono incoraggianti: il percorso, dalla punta estrema del lago Maggiore passando per Il Ticino e attraverso il Naviglio grande fino alla metropoli lombarda, si snoderà in un’area ad alta intensità turistica, dall’indotto annuale di circa due miliardi e mezzo di euro. Sulla base di stime prudenziali è immaginabile che la sola navigazione, stimati 7000 passeggeri a stagione, darebbe un ricavo di 600 mila euro. Questo il dato di partenza: a ciò farebbe da corollario un potenziale di grande sviluppo per l’intero territorio.
L’idea forte è quella di ispirarsi a quanto avviene a Parigi o sul bacino fluviale di Berlino o lungo il Reno, tra Basilea e Rotterdam: una navigazione individuale in house boat, o meglio ancora in bateau-mouche, possibilmente modulari in modo da offrire spazi per riunioni o convention itineranti; un richiamo ad un turismo non solo occasionale, dunque, ma d’affari, congressuale. Ma dovrà essere allo stesso tempo un turismo sostenibile, basato su mezzi ecologici e antierosione dei fondali (secondo il cosiddetto progetto Liuto). Il tutto a far da volano a fenomeni di indotto dall’entità non banale: la nascita di nuovi operatori turistici e culturali, ad esempio; la creazione di nuovi posti di lavoro legati alla realizzazione di approdi, di punti di interscambio (vere e proprie stazioni per le barche) dotate di servizi nautici, ristoranti ed alberghi.
È facile vedere come la futura via navigabile apra possibilità inedite per tutti i soggetti interessati: all’hinterland e sopratutto a Milano conferirebbe una dimensione del tutto nuova; recuperando addirittura il ricordo di quando era una città in parte costruita sull’acqua; al lago Maggiore dà la possibilità di moltiplicare i suoi già variegati spunti di interesse; al Varesotto, inutile dirlo, darebbe, in concomitanza con altre iniziative previste dal recente marketing plan messo a punto dalla Provincia, un ulteriore aggancio a nuovi flussi turistici e la valorizzazione del Parco del Ticino, per dire solo gli esiti più macroscopici.
Ultimazione dei lavori prevista per il 2015. Il tempo che occorrerà per adeguare i corsi fluviali alle nuove esigenze, realizzare gli sbarramenti, creare le infrastrutture, lanciare il progetto a livello di marketing.
Insomma: un percorso di 135 km, percorribile in 17 ore. Si tratterà di trasformare quelle poche ore in una crociera di giorni. Dentro ci si può mettere qualsiasi cosa, in nome del futuro turistico dell’area. Tutto da inventare. La sfida, comunque, è lanciata.
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