Un acido cronista locale

Con una pagina tutta dedicata all’intervista, Gianni Spartà e La Prealpina hanno salutato Giovanni Pierantozzi, giudice approdato 45 anni or sono a Varese e adesso trasferito a Trento dove sarà procuratore capo.
L’intervista è un vero documento, ripercorrendo essa tappe importanti della storia cittadina, ma a me piace anche indicarla ai giovani colleghi come esempio di attenzione, di conoscenza vera dei problemi e dei fatti, di organizzazione, di scrittura efficace di Spartà, che con Mario Gandini, papà di Anna Maria, certamente è al vertice di una ipotetica classifica dei cronisti giudiziari varesini.
Un passaggio dell’intervista mi riguarda direttamente.
Spartà con il dottor Pierantozzi rievoca un episodio della fine degli Anni 70.
Il magistrato in casa di amici fidati conosce un big del giornalismo, Nantas Salvalaggio; il gruppo parla di tutto, anche di Varese, e proprio l’informalità di una serata davanti a una tazzina di caffè consente al dottor Pierantozzi di esprimere a sua volta opinioni. Quelle sulla nostra città possono essere fraintese o strumentalizzate. Salvalaggio ne approfitta: molti giudizi verranno addirittura riportati tra virgolette. Ha scritto Spartà: ”S’adontò un cronista locale e reagì acido: se quel giudice non sta bene tra noi si faccia trasferire “.
Il cronista locale, cioè della Prealpina, ero io, non acido, ma inferocito e per tre motivi.

Il primo: sono nato cronista giudiziario, da sempre mi addolorano eventuali errori dei magistrati. Ecco perché, considerandomi indebitamente una sorta di accessorio della giustizia, furono per me inaccettabili, per via delle virgolette, le dichiarazioni di Giovanni Pierantozzi.

Il secondo: buona parte dei difetti attribuiti ai varesini sono patrimonio di qualsiasi altra comunità. Basta leggere le diatribe che di questi tempi infiammano Milano. Anche le metropoli sanno essere spesso “provinciali”. Certo che noi a Varese sbagliamo, continuiamo a perseverare, ma il nostro peccato più grande non sta nella mala scelta, ma nell’omissione. Che in alcuni settori è letale.

Il terzo: la Varese di allora si avviava alla crisi però era reduce da un quarto posto nella classifiche assolute nazionali.

Di recente ho parlato a lungo con il dottor Pierantozzi, non gli ho chiesto che cosa pensi della Varese di oggi: entrambi avremmo rimpianto le sue “confidenze” di un tempo.
Giannino Spartà cita anche Piero Chiara per sottolineare un altro difetto bosino: la propensione all’accumulo. Buon amico di Chiara, lo ricordo come attento cultore del senso antico del risparmio. Dunque l’arrosto che sgridava il bruciato.
Spartà ha anche dato ampio spazio nella pagina a una foto di Pierantozzi, scattata in tribunale da Franco Pontiggia, con didascalia di Piero Chiara: “ Con quella faccia l’imputato è servito”. Io ho fatto di peggio: apparvero la prime donne giudice, due di esse in udienza affiancarono il dottor Pierantozzi. Mi sembrò un indagato tra due carabinieri e commentai: finalmente il presidente è stato assicurato alla giustizia femminile.
Anche in quell’occasione il dottor Pierantozzi accettò l’acido cronista locale. Non l’ho mai dimenticato e oggi saluto con immutate cordialità e stima un personaggio di primissimo piano che sicuramente molto più di me ha amato Varese se è stato tra noi per 45 anni.
Una utile riflessione finale sull’episodio che Spartà correttamente ha citato e che ho letto con grande simpatia, non nasce dal contenuto, anche opinabile, della mia esternazione pesantissima contro un magistrato. Nasce dal fatto che avevamo piena autonomia di giudizio e quindi mi fu possibile di essere sino in fondo giornalista. Era una grande stagione, eravamo poveri ma belli.

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Pubblicato il 24 Settembre 2004
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