È tempo che la città si faccia sentire, quando viene snobbata
Frenata con sbandata controllata per il piano ospedaliero proprio quando ci si presenta al Consiglio comunale per illustrare le strategie formigoniane sui passi che dovranno essere fatti dopo l’inaugurazione del nuovo padiglione. Una frenata inattesa e ufficializzata quando il direttore generale dell’ospedale ha parlato davanti a un’assemblea eccezionale perché c’erano tutti i politici: Rotasperti ha detto infatti che si trattava di una ipotesi “preprogettuale”. Come se da mesi si fosse parlato di noccioline. Gianfranco Giuliani, capocronista della Prealpina, collega di capacità professionale e onestà intellettuale davvero grandi, ha commentato l’evento con rigore e durezza. Sulle ragioni del contrordine arrivato dal vertice regionale al direttore Rotasperti nulla però si è saputo. La trasparenza in democrazia è gradita al pari dell’informazione.
La riforma sanitaria e l’assetto istituzionale comportano l’ esclusione totale dei cittadini non solo dal governo della sanità, ma anche dal controllo. Siamo blanditi dal potere al momento delle elezioni e dopo totalmente ignorati, in particolare quando si tratta dei nostri soldi. Già, i 200 miliardi delle vecchie lire destinati al nuovo padiglione dell’ospedale sono parte minima delle tasse che per decenni i cittadini hanno versato a Roma. E per decidere sull’ impiego del finanziamento non c’era al Pirellone un solo varesino di area moderata: nessuno infatti è stato eletto per Forza Italia, An e UDC a causa di giochi di partito che poi hanno visto Varese penalizzata anche nella corsa al Parlamento.
Certo, il presidente Formigoni ha fatto una apertura chiedendo alla “Prealpina” di ospitare pareri sulla sorte dell’area e degli edifici del vecchio ospedale. Una iniziativa simpatica e furba la sua parte, ma è un fatto che il sondaggio non ha basi scientifiche. Il quotidiano al momento giusto è stato dalla parte dei varesini. Ma che credevano i regionali?
Il problema dell’ospedale può diventare meno complicato se si gioca a carte scoperte, se si spiega bene ai cittadini le scelte, se si ha le idee chiare, se si rispetta la città e le sue istituzioni, cosa che non è avvenuta a Palazzo Estense. E non si deve nemmeno giocare a Monopoli con realtà che sono storia e simbolo della generosità e della solidarietà dei varesini, come l’ospedale che Filippo Del Ponte volle per la nostra comunità. Vendere la struttura significa pregiudicare future donazioni.
E’ tempo che la città si faccia sentire quando viene snobbata. Con fierezza, come ha fatto il rettore Dionigi davanti a incredibili valutazioni sull’Università dell’Insubria. E con la certezza che la stessa azione di chi governa sarà più fruttuosa se avrà offerto rispetto e partecipazione agli amministrati.
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