Quando il calcio era una metafora della vita

Ho visto Maradona incantare il mondo intero, ho visto il mondo racchiuso in una finta di Garrincha. "Lettera a mio figlio sul calcio" di Darwin Pastorin

Ce lo aveva già in mente, fin da “tempi supplementari” . Quel libro, infatti, terminava con una speranza e un’immagine: il figlio Santiago che zampettava in mezzo ai giocatori del Palermo e “quei ragazzi già famosi che sembravano anche loro bambini…e d’improvviso tornavano, loro, indietro nel tempo, nelle speranze e nelle illusioni”.
Darwin Pastorin ha iniziato probabilmente in quello stadio, in quel momento, a scrivere “Lettera a mio figlio sul calcio”
(Mondadori), una confessione intima e romantica di una passione mai sopita.

In questo libro Darwin si specchia nel figlio Santiago, si rivede bambino e ripercorre le tappe di un’esistenza partita da un altro continente, facendogli  rivivere i sogni che hanno alimentato un’intera generazione. Nel racconto di Pastorin c’è tutta l’umanità del calcio sudamericano, proprio quello che lui, figlio di emigranti, ha conosciuto da bambino, da tifoso del Palmeiras. Miti come Mané Garrincha o Diego Armando Maradona possono insegnare molto al piccolo Santiago. Campioni, non proprio baciati dalla natura, prova provata che nel calcio l’esuberanza atletica è solo un accessorio.

Quando Darwin arriva in Italia, a Torino, non smette di sognare. Di trame su cui imbastire avventure sportive ed eroiche, per un bambino di 9 anni, ce n’è in abbondanza e Torino è l’ambientazione ideale. È l’incarnazione geografica della speranza per molti italiani arrivati dal sud in cerca di lavoro e benessere. Lì c’è la Fiat, la Juventus di Agnelli, di Sivori e Boniperti, del bomber saraceno Pietro Anastasi. Lì arriveranno Michel Platini e Roberto Baggio. Lì cè anche il ricordo del grande Toro, un dolore diventato leggenda.
Pare di vederlo Santiago, con le mani che stringono il piccolo viso, che ascolta attento la storia di Gigi Meroni, la farfalla granata. Un genio del calcio, precoce contestatore dentro e fuori dal campo, capace d’incantare l’avversario quasi come il mitico Manè.
Le storie del calcio che racconta Pastorin sono fatte anche di re e principi, nobili della pedata, pochi per la verità. Gaetano Scirea era uno di questi.
Una lettera che ritrova, dunque, molti visi e molte avventure umane presenti da sempre nella scrittura poetica di Pastorin, ma con una piccola differenza rispetto al passato: il calcio oggi non è più la metafora della vita, perché da quella ha ormai da tempo preso le distanze.

Il libro
Darwin Pastorin
Lettera a mio figlio sul calcio
Mondadori
pp 126
€ euro 7,80

L’autore
Darwin Pastorin è nato nel 1955 a San Paolo del Brasile, figlio di emigranti veronesi, ha lavorato per vent’anni a “Tuttosport” , è stato direttore della redazione sportiva di Tele+, è direttore di Stream TV. Editorialista de “Il Manifesto”, “Diario della settimana”, “Amica”. Collabora con “La Stampa”, “Liberazione”, “l’Unità”, “Il Messaggero”, “Il Gazzettino di Venezia” e numerosi settimanali e mensili.
Tifa per il Palmeiras, di cui è console onorario in Italia, e per la Juventus

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 30 Novembre 2004
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