Bhopal vent’anni dopo
Un reportage proiettato a Filmstudio '90, alle ore 21, racconta la tragedia di Bhopal e l'impunità della Union Carbide
Nella notte tra il 2 e il 3 di dicembre del 1984 dalla fabbrica di pesticidi di Bhopal uscirono quaranta tonnellate di metil isocianato e altri gas velenosi. Morirono ventimila persone , molti rimasero intossicati e dopo circa dieci anni si contano quarantamila morti. Nei primi anni ’80 sui giornali indiani c’era una pubblicità: ”La scienza aiuta a costruire la nuova India” firmato Union Carbide. Alla Union Carbide Bhopal costò poco, solo 43 centesimi per ogni azione sul mercato, ed essendo la multinazionale chimica più potente del mondo, riuscì ad impegnare il governo indiano a non intraprendere alcuna successiva azione civile e penale per qualunque motivo. Quando fu dato l’annuncio dell’accordo , le azioni della Union Carbide a Wall Street balzarono verso l’alto di due dollari: Bhopal non è mai stata bonificata e la gente continua a morire di veleno.
Oggi la Union Carbide si chiama Dow Chemical, quella stessa dell’incendio del novembre 2002 a Porto Marghera, dove sono bruciate da 10 a 20 tonnellate di peci clorurate , liberando acido cloridrico, toluene, xilene, benzene, diossine e altro veleno. Il reportage che andrà in onda giovedì sera alle 21 a Filstudio ’90 racconta Bhopal 20 anni dopo, nelle immagini e nelle testimonianze raccolte durante un viaggio nella primavera scorsa. Sarà presente Mario Agostinelli.
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