Pronto soccorso: «per piacere non si parli di normalità»

Una terribile storia di malasanità all'ospedale di Circolo

L’articolo sullo stato del Pronto soccorso dell’Ospedale di Circolo ha suscitato diverse reazioni. Di seguito riportiamo una testimonianza che racconta una storia di dolore e sofferenza che non richiede nessun altra parola di nostro commento. Per rispetto di questa famiglia ci auguriamo solo che chi di dovere accerti eventuali resposabilità.

Come accade ogni mattina, anche oggi leggo il vostro giornale e in prima pagina trovo affermazioni che mi creano un tonfo al cuore, quel tonfo che da due mesi a questa parte cerco di ignorare, ma torna inevitabilmente a farsi vivo.

Scrivo a nome della mia famiglia.

Il 28 novembre 2004 mio suocero 57enne, malato da mesi di leucemia mieloide acuta, in cura presso il reparto di oncologia dell’ospedale del Circolo di Varese (in "collaborazione" con gli Ospedali Riuniti di Bergamo), ha una crisi dovuta alla propria malattia e, dopo aver chiesto consiglio al medico di base, viene portato con l’ autoambulanza all’Ospedale di Circolo. L’uomo non si regge in piedi, ha evidenti emorragie agli occhi ed alla bocca, ha tosse e muco che gli impediscono la regolare respirazione. Da un peso di 68 kg sarà passato a 46 kg.circa.

Viene portato in Pronto Soccorso. Bene. Il pronto soccorso quella domenica alle ore 12,00 era stracolmo di persone in attesa di cure. Viene lasciato in corridoio per un po’. Viene poi comunicato alla moglie ed alla sorella pronte ad accudirlo, che dovranno attendere un po’ (?!) per avere una visita dal medico.

L’uomo necessita di andare in bagno per orinare e le infermiere non hanno nemmeno il tempo per porgerli il cosiddetto "pappagallo", tanto che indicano a mia suocera dove trovarlo. Successivamente il malato deve purtroppo andare ancora in bagno e nessuno aiuta le due donne a condurlo sul posto. Io, con mio marito, giungo verso le ore 15,00 e trovo i tre appena dietro al banco dell’accettazione, poco nascosti da un tendone che separa la saletta, con mio suocero sulla barella, agonizzante, e le due donne in agitazione perché non sanno più cosa fare, seppur fiduciose che da lì a poco sarebbe arrivato qualcuno. Sono appena state avvisate che "NON CI SONO POSTI LETTO IN ONCOLOGIA E NEMMENO IN TUTTO L’OSPEDALE". Certo, fiduciose.

"Arriverà qualcuno prima o poi".

Intanto l’uomo è mal ridotto, tossisce continuamente e respira a fatica, non gli danno nemmeno l’ossigeno. Chi lo guarda e lo vede passandogli accanto, esprime, senza volerlo, chiare sensazioni di impressione ed orrore. Passa il tempo ed alle ore 16,30 lo portano al reparto di oculistica perché devono farlo visitare dall’oculista, che poi dirà che con la sua malattia le emorragie agli occhi (entrambi gonfi di sangue sia esternamente che internamente) sono normali. Lo riportano dietro all’accettazione e da allora fino oltre le ore 20,00 rimaniamo impotenti di fronte all’evidenza. Un uomo, malato di leucemia all’ospedale di Circolo di Varese, presso il Pronto Soccorso, affatto "pronto" al soccorso, in attesa da più di 8 ore di chissà cosa. Alle 20,30 arriva un medico, devo confessare il più dotato di umanità considerata la situazione, ci dice che si è liberato un posto…in otorinolaringoiatria.

Ok andiamo, l’importante è che non rimanga qui. In otorino lo mettono in una stanzetta con un altro paziente, molto comprensivo. Ma da lì ad un’ora, dopo avergli effettuato una trasfusione di sangue, mio suocero viene portato al piano superiore in neurochirurgia, dove durante la notte ci potrà essere un’infermiera in più a dargli assistenza. Ma il reparto non è pronto. Torniamo giù in otorino. Dopo 15 min. torniamo su.

Lo mettono in una stanzetta con un altro paziente, non altrettanto comprensivo. Devo dire un grazie alle premurose infermiere ed infermieri del reparto di neurochirurgia, che trovatisi in difficoltà davanti ad una situazione del genere, hanno dimostrato tuttavia grande professionalità ed umanità.

Trascorrerà una notte d’inferno, assistito da mio marito e da mia suocera. Al mattino arrivo e apprendo che non è ancora stato visitato da uno specialista, ma da dei neurochirurghi che non so quanto conoscessero la nostra bella leucemia mieloide acuta.

Alle 13,00 di lunedì 29 novembre 2004 mio suocero, ormai malato terminale di leucemia mieloide acuta non è stato ancora visitato. Irrompo nella sala medici e richiedo con urgenza una visita, minacciando di "piantare in piedi un casino". Dopo un quarto d’ora circa arriva un oncologo.

Purtroppo non basterà. Trascorrerà un’ ultima notte da cani, poi mio suocero, ormai cieco, agonizzante, in balia del mostro che l’aveva attaccato, morirà nel reparto di medicina il 30 novembre 2004 alle ore 15,00, ancora lucido e fiducioso nell’attesa di essere portato nel reparto di oncologia, privo di posti letto disponibili.

Quindi, vorrei chiedere a tutti voi se esiste una situazione allarmante, oppure no.

Purtroppo ricorrere alle vie legali sappiamo tutti che non serve a nulla, sarebbe solo ricordare e star male così come sto facendo io ora, ma per piacere, non parlate di normalità.

Con rispetto

Morena – Fam.Sangalli – Cuveglio.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Gennaio 2005
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