La colpa non è di Barion se “La 6” è tutto pube e chiesa
Sicuramente non c’era acredine, ma ironia e divertimento nella lettera con la quale Roberto Gervasini, spirito allegro di una Varese sorda e grigia, la peggior Varese degli ultimi decenni, ha messo alla berlina quel monumento di umanità chiamato Luigi Barion, che gli editori televisivi di Gornate hanno voluto come direttore de “La 6 “. Una carriera folgorante, da mozzo ad ammiraglio, supportata però da cultura e sensibilità, doti che non sono di altri direttori e giornalisti: non a caso asseriva Ruggero Orlando, mito della nostra cartegoria, che il giornalismo è un mestiere per cretini ma non tutti i cretini riescono a farlo decentemente.
A Barion, a lungo riferimento dei liberali varesini e noto anche oggi per una eleganza e una allure un po’ retro, il laico Gervasini non ha imputato un errore giornalistico bensì un contradditorio passaggio…al nemico nel momento in cui egli ha invitato i fans de “La 6” e i cittadini ad astenersi dal voto referendario, come faranno i cattolici. Dove la contraddizione? Non certo nella scelta “confessionale “ di voto – un libertario come Gervasini mai negherrebbe il diritto a valutare diversamente le situazioni – bensì nell’abbraccio a linea, principi ed etica che ne “La 6”, buona e cristiana di giorno, invece by night vengono violati con remunerativi programmi destinati ad alcuni filoni del mercato del sesso.
E’ un mercato nel quale si sono buttati a pesce quasi tutti gli editori delle televisioni private che passano quindi dalle diurne televendite di pentole, materassi, vincite garantite al lotto e “magherie” varie a quelle notturne di evasioni erotiche grazie a immagini e voci adeguate alla bisogna.
Considerato l’orario delle emissioni non si può certamente parlare di allarme sociale, di devastanti attentati alla moralità pubblica: certo non sono segno di civiltà questi programmi e inoltre i quattrini che essi producono non possono inorgoglire chi li intasca , resta il fatto che questo tipo di televisione ha una sua legittimità , sancita da regole e controlli, e come tale non va contestato. Senza fare moralismi di sorta si può invece parlare di opportunità in ordine alla scelta dell’editore di restare su un mercato notturno che è, per più di un aspetto, in antitesi con valori e principi proposti ai telespettatori nei programmi diurni. Di questa grande contraddizione delle televisioni locali in prima istanza non devono quindi essere chiamati a rispondere i direttori bensì gli azionisti. Al contrario di Giamburrasca Gervasini dunque non accuso Barion di essere tutto pube e chiesa e quanto al sexmarket auspico un ripensamento da parte di editori che hanno fatto scelte non in linea con la propria storia.
Grazie a Gervasini sul tappeto rimane un problema che merita attenzione a 360 gradi. Proviamo infatti a immaginare che sarrebbe successo in campagna elettorale se echi dei sospiri delle notti roventi fossero stati accostati a un Formigoni proposto sui piccoli schermi come modello vincente da sostenere e votare.
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