“Le stragi nascoste”, spalancato l’armadio della vergogna

Nel 1994 in uno sgabuzzino di Palazzo Cesi a Roma, sede della procura militare, viene ritrovato un archivio con 695 fascicoli, riguardanti crimini di guerra commessi durante l’occupazione nazifascista e occultati subito dopo la guerra

La verità ha sempre un sapore forte, anche se arriva dopo mezzo secolo. A servirla in un libro, da poco pubblicato, è lo storico Mimmo Franzinelli, che nelle “Stragi nascoste” (Mondadori Editore) ha spalancato al pubblico l’armadio della vergogna, pubblicando ciò che per circa 50 anni era stato occultato nella sede della procura generale militare.
Una storia che riguarda 695 fascicoli processuali, contenenti denunce precise di eccidi commessi in Italia durante l’occupazione nazista dai tedeschi, ma anche dai collaborazionisti e dai reparti della RSI, e rimasti chiusi in uno sgabuzzino di Palazzo Cesi, in via degli Acquasparta a Roma, nella cancelleria della procura militare. Una sequela sconvolgente di atrocità compiute, da Acerra a Trieste, nei confronti di detenuti politici, partigiani, ebrei, anarchici, antifascisti, gente comune e popolazione inerme.
Vicende dimenticate fino al 1994, quando, per puro caso, il procuratore militare Antonino Intelisano, che in quel periodo si occupava del processo contro l’ex ss Erich Priebke, cercò in quello sgabuzzino. Vi trovò un armadio, rimasto per anni con l’apertura rivolta verso il muro, all’interno del quale c’erano dei documenti, archiviati provvisoriamente 34 anni prima, che provavano quelle atrocità.
L’armadio conteneva il promemoria "Atrocities in Italy” (atrocità in Italia), che portava stampigliato in chiara evidenza il timbro «secret». L’elenco proveniva dal comando dei servizi segreti britannici, venuti a sapere dei fatti durante la campagna d’Italia. «Gli inglesi – spiega Franzinelli – avevano raccolto le denunce presentate dai parenti delle vittime e le avevano integrate con accertamenti e istruttorie sommarie, sufficienti però ad identificare gli elementi principali di ogni singola vicenda. Quando consegnarono il materiale ai giudici italiani, questi pensarono bene di rendere pubbliche solo le denunce contro ignoti, si optò invece per "l’impropria giacenza" in quei casi dove le denunce consentivano di individuare i militari, e non solo tedeschi, colpevoli degli eccidi».
L’occultamento e la copertura dei responsabili furono, secondo l’autore, un fenomeno dovuto alla continuità dell’amministrazione della giustizia tra fascismo e democrazia, condizionata da magistrati che si erano formati professionalmente e culturalmente sotto la dittatura.
Franzinelli  nel libro riproduce molti documenti, le foto delle esumazioni dei martiri di Fossoli, l’elenco delle atrocità nascoste, comprendente luogo, data e una sintesi dei fatti, e un utilissimo indice dei nomi e dei luoghi. Ripercorre l’iter giudiziario della strage del campo di Fossoli, dove vennero uccisi 67 internati e conclusosi con l’archiviazione e propone, come in una sorta di compensazione per la giustizia negata ai primi, l’intera sentenza di condanna contro il boia di Bolzano, Michael Seifert. Il ritrovamento tardivo dei fascicoli ha fatto sì che la maggior parte dei responsabili rimanessero impuniti e al contempo ha ostacolato la ricostruzione storica di quei crimini. «Le atrocità commesse e per anni nascoste all’opinione pubblica – conclude lo storico – a distanza di tanti anni, con la scomparsa dei protagonisti, trovano oggi nell’azione dei giudici, non una punizione, ma una testimonianza per le generazioni future».
(foto, da sinistra: il giornalista Franco Giannantoni e lo storico Mimmo Franzinelli)

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“Le stragi nascoste”
Mimmo Franzinelli
 Le Scie, Mondadori
432 pp.
18,60 euro

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Maggio 2005
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