Come funziona la torcia olimpica?
Tradizione e modernità. La fiamma di Torino 2006 è il frutto del design italiano
Tra i simboli più riusciti di queste olimpiadi torinesi, primeggia sicuramente la torcia. Sarà per la sua storia millenaria, ma anche per il piglio decisamente moderno della versione 2006.
Ovviamente questa tradizione risale ai tempi delle antiche olimpiadi greche: secondo la mitologia la sacra scintilla del fuoco fu rubata da Prometeo agli dei, come simbolo della civilizzazione, della capacità umana di dominare la natura. Per quanto riguarda i giochi moderni, invece, risaliamo all’edizione di Berlino del 1936. In quell’occasione la fiamma partì da Olimpia nelle mani dell’atleta greco Konstantinos Kondylis. Da allora la fiamma diventerà una tradizione stabile legata a tutte le olimpiadi, nessuna esclusa, invernale o estiva che sia.
Qui in Italia è passata due volte, per le invernali di Cortina d’Ampezzo (1956) e le estive di Roma (1960). Torino costituirà la terza esperienza nostrana, e certamente ha voluto sfruttare l’occasione al meglio. La fiaccola, infatti, è firmata dal designer italiano più celebre, Pininfarina, nel desiderio di unire la tradizione alla modernità. Bella, slanciata, incurvata per somigliare al prolungamento del braccio dell’atleta, come se fosse accesa dal fuoco della competizione sportiva.
Nonostante le prime critiche, l’oggetto ricorda realmente le vecchie fiaccole di legno: i tanti fori superiori, infatti, permettono al fuoco di ricoprire tutta la sommità, dando l’impressione che sia l’acciaio a bruciare.
Ma non basta, perché questa fiaccola è anche un vero e proprio concentrato di tecnologia. Lunga 770 mm, pesante 1,8 Kg, ha il suo punto di forza nella scelta oculata dei materiali. Una lega di alluminio fusa in conchiglia per il guscio esterno, acciaio resistente alle alte temperature per i componenti meccanici interni, componenti del bruciatore in ottone e rame e una finitura superficiale testurizzata con resina polimerica resistente al fuoco, per migliorare la verniciatura e la presa. Ovviamente è alimentata a gas, al suo interno infatti contiene una miscela di idrocarburi (40% propilene 60% butano).
Pensate che il vostro fornello sia più tecnologico? Vi sbagliate, perché la fiaccola è provvista di due camere di combustione, di un sistema di vaporizzazione interno e di un regolatore di pressione del flusso di gas. Cosa significa? In poche parole l’ampiezza della fiamma si mantiene sempre costante, anche sotto la pioggia o i colpi di vento. Il gas e le componenti tecnologiche sono concentrati principalmente nella parte superiore, la testa, mentre il manico è stato studiato in modo tale da disperdere tutto il calore, per non bruciare la mano del tedoforo. Testa e manico sono uniti da perni di centraggio e da una vite di fissaggio a pressione.
Insomma tutto è stato studiato nei minimi particolari, manca solo… il sistema di accensione. Ovviamente non si tratta di una dimenticanza, perché ogni torcia viene avviata dal fuoco di quella precedente, conservando in concreto la metafora del fuoco sacro.
Sotto la neve o sotto la pioggia, al vento e in grande movimento. Nulla la può spegnere, perché questo piccolo prodigio della tecnologia italiana garantisce prestazioni da record. Funziona a temperature variabili tra i –20°C e i +25, a 5mila metri di altitudini, con venti alla velocità di 120Km/h e con un’autonomia minima di 15 minuti.
Perché la passione umana, può superare le forze della natura, compresi gli stessi limiti del nostro corpo. E le Olimpiadi ne sono il simbolo più chiaro, e indistruttibile: ancora una volta.
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