Ebe Comotti, una vita per il Cairoli
Una delle insegnanti storiche del liceo è oggi una delle più attive sostenitrici dell’associazione Amici del Liceo. Quasi mezzo secolo trascorso tra quei corridoi
Quasi mezzo secolo trascorso tra le sue mura. E oggi, ha un ruolo tra gli Amici del Liceo Cairoli. Ebe Comotti, 76 anni, è una delle più attive sostenitrici del liceo classico varesino, che ha compiuto ufficialmente 70’anni di vita, evento immortalato su un francobollo delle Poste Italiane.
«Mi sono diplomata nel ’48 e ci sono tornata come insegnante nel ’63 – ricorda l’ex professoressa di italiano e latino – All’inizio ero al ginnasio, in sezione D. Poi, nel ’74, sono passata al triennio, nella sezione E, con i professori Mainetti, Taverna, Solinghi, tra i colleghi».
Perché scelse il liceo classico?
«Si può dire che sono figlia d’arte. Mio padre era docente di italiano. Il liceo, inoltre, mi convinse perché offriva, e continua ad offrire, un percorso completo, che parte dalle nostre origini e ci spiega chi siamo oggi. Sviluppa una capacità di analisi come nessun altro percorso formativo».
Ma gli studenti, capiscono il valore del suo insegnamento?
«Non subito. La scuola viene sempre vissuta come un lavoro, un obbligo. Il messaggio viene fuori successivamente, anche dopo l’università. Allora, lo studente trova in sé strumenti nuovi che non sapeva di avere. Capacità e metodi imparati sui banchi di scuola. Rubbia sostiene che un diplomato del classico si riconosce a prima vista. I docenti hanno l’imperativo di non farlo disamorare».
Quali sono gli studi che più caratterizzano il classico?
«Le materie classiche, indubbiamente. Ma anche la filosofia. Vorrei sottolineare, inoltre, il metodo che si acquisisce al ginnasio: è il momento più duro, metodico, noioso. Ma quel sistema di studiare costituisce un modello che servirà successivamente, in tutte le fasi della vita».
I ragazzi di oggi sono diversi?
«Non direi. Forse sono un po’ più superficiali. Secondo me, differenti sono i genitori, sempre pronti a difendere il proprio “bambino”. Non so se per un senso di colpa o per immaturità».
Ricorda qualche momento particolare della sua carriera?
«Forse il momento della contestazione. Io ho avuto sempre un rapporto aperto con i miei ragazzi, basato sul confronto e sul rispetto. Sono stati mesi di dialogo intenso: io tentavo di far loro capire che per ottenere il cambiamento si deve indossare la veste bianca».
Momenti di tensione?
«No. Nessuno mai mi ha mancato di rispetto. Forse perché io ho sempre rispettato gli studenti. I ragazzi vanno trattati con dignità: nessuno deve essere denigrato o offeso».
C’è qualche allievo che ricorda con piacere?
«Sono contenta di aver ritrovato tra i colleghi molti miei studenti. Vuol dire che siamo riusciti a trasmetter loro la passione per l’insegnamento. Ed è la soddisfazione più grande».
Come vede oggi il classico?
« Il liceo è un po’ cambiato: c’è troppa burocrazia, troppi obblighi da assolvere che snaturano il ruolo dell’insegnante. Le materie, invece, sono le stesse».
Cosa augura al Cairoli?
«Di continuare ad essere la seconda casa per chi lo frequenta: studenti e professori».
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