I panda e il brutto giornalismo
Prendersela con i giornalisti è banale e troppo semplice, ma ieri sera Sorgi e Napoletano hanno davvero dato una triste rappresentazione dello stato della stampa italiana. Di scuse se ne possono trovare tantissime, ma la cosa non cambia.
Che fine ha fatto il coraggio? Altro che quarto potere. Le domande erano importanti, potevano cercare di chiarire tante questioni. Bene l’aver tenuto bassi i toni e cercato di sapere come i due candidati pensano di risolvere alcuni problemi, ma non basta.
Non serviva la rissa, ma le domande dovevano provocare partendo dalla vita reale dei cittadini senza per questo considerarli legati solo agli aspetti economici.
Dopo cinquant’anni di sviluppo in cui è cresciuta la classe media assistiamo a un paese che si sta latinoamericanizzando con il 20% della popolazione che detiene l’80% della ricchezza.
L’Italia non cresce, non c’è più alcuna politica per lo sviluppo. Come si può rifar partire una macchina ferma? Possibile che si sappia solo domandare come tagliare la spesa o ridurre le tasse?
I laureati non sono il 12,5% come ha affermato Sorgi. Dai dati dell’ultimo censimento sono il 7,1% contro l’11,2% di analfabeti e privi di titolo.
La legge Bossi Fini ha permesso a un giornalista come Gatti di spacciarsi per curdo e una volta scoperto che la sua identità era invece quella di un rumeno pluripregiudicato, perché così si era costruito falsificando i suoi dati cinque anni fa in una medesima impresa a Milano in un centro di accoglienza, invece di prendere provvedimenti e approfondire è stato portato in una stazione con un semplice foglio di via. E dovremmo vivere tranquilli?
In Afghanistan dovevamo portare pace e democrazia. Così come in Iraq, siamo più sicuri e c’è meno pericolo di terrorismo?
Non possiamo più mettere piede a Bruxelles perché ci guardano tutti male, basta leggere la stampa internazionale. Ce la siamo presa con i tedeschi (a questo proposito basta guardare i dati sul turismo), con i francesi, con l’Olanda, con la Libia, con la Cina. È questa la nostra credibilità internazionale? E quali sono i risultati della politica estera che ha cambiato quattro ministri in cinque anni.
Manette non manette, noi scimmiottiamo sempre gli americani (inteso come statunitensi), ma lì il presidente di una società leader mondiale delle telecomunicazioni per aver taroccato un bilancio è stato condannato a trent’anni di carcere.
Siamo il paese che va meno alle mostre, visita meno musei, legge meno libri, acquista meno giornali e anche solo per amor proprio si poteva chiedere se i politici hanno in mente qualcosa a riguardo.
Ambiente, pace, cultura, tutti temi totalmente assenti.
Quanto alle donne, sempre più trattate come i panda, c’è poco da dire. Due politici maschi settantenni, due giornalisti maschi, un conduttore maschio anch’esso. Cosa vogliamo di più? E poi ci lamentiamo.
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