Croci: «Veroni chiude, ma la retorica non serve a riaprire»
Un libraio esprime solidarietà al collega e al tempo stesso sollecita una riflessione un po' più ampia sulla crisi delle librerie
Quando mi sono sposato, ho fatto la mia lista nozze da Veroni, ormai dieci anni fa, quindi la chiusura di quel negozio non mi lascia certo indifferente. Ma fatico francamente a condividere questa parata di luoghi comuni che accompagna l’ammainabandiera della libreria Veroni. Possiamo ragionare soltanto con il cuore, ed allora io piango col Sig. Aldo, oppure possiamo interrogarci sulle cause e sugli effetti. Interroghiamoci, non usando gli strumenti della retorica, su cosa significa oggi vendere libri a Varese. Ed ecco vediamo allora che la grande distribuzione è entrata nel mercato librario con la delicatezza e la correttezza di una tigre impazzita, devastando i delicati equilibri economici di noi librai. Scopriamo allora che Varese ha un rapporto librerie/abitanti esagerato, tra i più alti in Italia. Vediamo che la politica scolastico-culturale degli ultimi decenni ha avuto come conseguenza una contrazione nel numero dei lettori, e le difficoltà economiche di molti hanno ulteriormente contratto un mercato già debole. Allora invece di piangere lacrime di coccodrillo non è meglio ragionare insieme – anche con l’aiuto di Varese News – su come far rinascere l’interesse alla lettura? Su come contrastare la grande distribuzione invece di favorirla? Su come poter fare cultura senza mobilitare ogni volta antiche divinità celtiche o astrusi poeti? Il mio più grande affetto e una smisurata solidarietà ad Aldo Veroni, ma una preghiera a tutti di non esagerare con una retorica d’occasione che credo imbarazzi prima di tutto lui, il Signor Aldo.
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