E’ varesino il “gendarme” del nucleare

Gabriele Tamborini, originario di Mercallo, lavora al Ccr di Karlsruhe e analizza i campioni radioattivi che gli ispettori portano dai paesi sottoposti a controllo

C’è un po’ di genio varesino nell’attività che garantisce la sicurezza dei cittadini del mondo, sorvegliando i comportamenti di alcuni tra i paesi in grado di produrre energia nucleare.
Quando si parla di illeciti esperimenti nucleari messi in atto da Corea del Nord e Iran, si sta parlando infatti del rispetto di un antico trattato internazionale, datato 1968: il trattato di non proliferazione nucleare, a cui hanno aderito finora 189 paesi – non però Pyong Jangg – e che è diventato nel tempo punto di riferimento per la regolamentazione delle attività nucleari.

A vegliare sull’attuazione del trattato è l’AIEA, Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica: quella di cui i giornali parlano, di fatto, quando citano gli Ispettori, veri e propri controllori dell’attività nucleare mondiale per conto dell’agenzia delle Nazioni Unite che da sempre ha sede a Vienna. L’AIEA, per studiare i campioni che gli ispettori portano dai paesi sottoposti a controllo, non fa uso di laboratori interni, se non in minima parte: si avvale invece della collaborazione di decine di laboratori sparsi per il mondo, da loro testati e ammessi ad uno speciale “club” di scienziati in grado di fornire risposte su un argomento così delicato come la destinazione d’uso degli esperimenti nucleari.

Tra i laboratori ammessi, anche quelli del Centro Comune di Ricerca europeo: di Ispra, ma soprattutto di Karlsruhe, in Germania. Dove hanno scoperto un metodo per studiare le micro-particelle radioattive più piccole, quelle misurabili in micron e dare così risposte più precise sulla composizione degli elementi radioattivi trovati nei campioni. E a svilupparlo, questo metodo, è stato “un varesotto” come giustamente si definisce: Gabriele Tamborini, ricercatore di Mercallo, a Karlsruhe ormai da più di dieci anni. «Ho sviluppato questa tecnica con la mia tesi di dottorato, che si occupava di “analisi di micro particelle radioattive”, utilizzando in maniera particolare uno speciale spettrometro di massa, SIMS (Secondary Ion Mass Spectrometry), strumento in grado di vedere le caratteristiche di queste microparticelle» spiega Tamborini.

Un’analisi sofisticata che di fatto ha permesso al centro comune di Ricerca di entrare a far parte del network AIEA, proprio a metà degli anni novanta: la capacità di analisi si è rivelata infatti importantissima dopo la prima Guerra del Golfo, dove si era cominciato ad intuire la necessità di strumenti più sofisticati per riconoscere le attività nucleari illecite. «Ora il laboratorio riceve circa 150 campioni all’anno» precisa Tamborini.

Impossibile però chiedere informazioni sui campioni coreani o iraniani: «Innanzitutto, perché nemmeno noi conosciamo la provenienza dei campioni che analizziamo. L’agenzia ce li manda semplicemente numerati, in forma assolutamente anonima – spiega Tamborini – Noi, come gli altri laboratori, ci limitiamo a fare le analisi e fornire i risultati all’Agenzia, che è l’unica che può definire la vera provenienza dei campioni e fare una valutazione dei risultati».

Tamborini, 36 anni, laureato in chimica pura alla statale di Milano, è andato all’Istituto degli Elementi Transuranici del centro di ricerca europeo giusto dopo aver fatto il militare. Da qualche mese è diventato il responsabile della comunicazione dell’Istituto degli Elementi Transuranici, quello per cui lui è stato ricercatore fino al 2005. «E’ stato scelto volutamente uno “scientifico” come me per questa posizione fondamentale in un istituto molto delicato – ha spiegato il ricercatore varesino – perché c’è bisogno della maggiore comprensione possibile da parte dei cittadini sulla ricerca effettuata nel laboratorio, che lavora per aumentare la sicurezza dei cittadini europei». Sposato con Romina, comasca di origine ma a Karlsruhe da diversi anni, Tamborini ha due bambini e torna a Mercallo spesso: «La prossima volta sarà tra poco, per il ponte dei Santi».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Ottobre 2006
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