Il part time in edilizia va abolito, genera irregolarità
I sindacati hanno indetto uno sciopero generale di 8 ore per giovedì 24 aprile
«Il contratto di lavoro part time nell’edilizia è un modo per camuffare il lavoro irregolare. Alla fine i muratori lavorano fino a 12 ore al giorno. Noi siamo per una restrizione dell’utilizzo di questo contratto. Andrebbe regolamentato rigidamente, oggi invece se ne fa un uso selvaggio». Nel momento esatto in cui i segretari provinciali della Fillea- Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil facevano questa dichiarazione, a Legnano un operaio egiziano di 37 anni moriva schiacciato in un cantiere. La morte non aspetta la contrattazione e tantomeno lo sciopero generale di 8 ore indetto in tutti i cantieri edili per giovedì 24 aprile.
(foto sopra, da sinistra: Antonio Massafra, Simona Ghiraldi, Francesco Condorelli)
Una ricerca del 2007, condotta nelle principali città italiane, ha rivelato un aumento dei lavoratori edili part time che va dal 30 al 50 per cento. A Roma, ad esempio, nel 2006 erano circa 9.000, diventati 17.000 nel 2007. A Milano da un anno all’altro sono aumentati del 30 per cento, passando da 5.331 a 7.347.
«Il contratto nazionale degli edili è scaduto da quasi cinque mesi – dice Simona Ghiraldi , segretario provinciale della Fillea Cgil – e gli imprenditori hanno una posizione di chiusura su alcuni punti qualificanti del contratto. Questo settore è la vera frontiera del lavoro, perché qui si giocano anche alcune dinamiche sociali importanti: il 90 per cento dei neoassunti sono extracomunitari e molto spesso anche gli imprenditori sono stranieri».
I punti qualificanti di cui parlano i sindacati riguardano, oltre la regolamentazione rigida del part-time, il diritto al pagamento della malattia nei primi tre giorni anche per eventi brevi, il salario con un aumento di 105 euro al 3 livello. In provincia di Varese i lavoratori interessati al contratto sono circa 10 mila.
«C’è anche un problema rispetto all’età pensionistica- aggiunge Antonio Massafra, segretario della Feneal Uil – . I lavoratori edili non sono stati compresi nella normativa dei lavoratori usuranti. O meglio, solo alcune categorie speciali, in tutto 20 mila lavoratori su un totale di 1.400.000 addetti. Questo significa che nell’edilizia abbiamo molti lavoratori che vanno in pensione oltre i settanta anni, l’anno scorso ne avevamo uno di 72. Il motivo dipende dal fatto che gli edili hanno dei buchi nel periodo di lavoro, dovuti al maltempo o al cambio di cantiere che sommati alla fine della carriera lavorativa arrivano anche a cinque, sei anni. Quindi devono lavorare 40 anni per maturane 35. Noi riteniamo che sia necessario istituire un fondo che vada a compensare quella mancata contribuzione».
(foto sopra da sinistra i delegati: Pjerin Brahimaj, Marinela Cozma e Marino Mazzola)
La provincia di Varese sta sperimentando anche un nuovo progetto, in accordo con gli enti bilaterali e le parti sociali, che si chiama Iper PiMus (Piano di montaggio uso e smontaggio dei ponteggi): si tratta di tre persone che vanno nei cantieri con il compito esclusivo di controllare ciò che non va nell’utilizzo dei ponteggi e consigliare agli imprenditori le misure necessarie. «La formazione è fondamentale nel discorso sicurezza – conclude Francesco Condorelli, segretario della Filca Cisl -. Nella nostra provincia con i libretti formativi dei lavoratori in cinque anni abbiamo censito 45 mila persone. Una mappatura importantissima perché è una sorta di carta di identità del lavoratore».
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