La cartiera, il lavoro giusto per fare un figlio
Per farsi una famiglia, ma anche per accendere il mutuo: insomma per pensare al domani. Così la consideravano gli operai, di cui vi raccontiamo tre storie
Hanno fatto figli, acceso mutui, sistemato le loro vite. L’assunzione alla Munksjo, una azienda florida e storica che ha permesso loro di pensare al futuro, per la maggior parte dei lavoratori che vi fanno parte ha rappresentato il punto fermo della loro vita: lo dicono le straordinarie coincidenze tra le date di assunzione e quelle in cui hanno avuto figli e preso casa. Ora, da un giorno all’altro, con un comunicato in inglese mandato ai lavoratori via email e alle altre persone via sito web, si sono ritrovati a casa.
Parlare con loro rende l’idea di quello spaesamento che può avere solo chi non pensava di essere mandato via a tradimento, in quattro e quattr’otto, magari qualche giorno dopo le rassicurazione sul futuro della azienda. Damiano, per esempio, è di Brebbia, ha 37 anni, è sposato e ha una figlia di 7. Operaio bobinatore – cioè addetto a comporre le lunghe bobine di carta che escono dai macchinari – alla cartiera lavora da metà del 2001 e nel 2002 ha acceso il mutuo per comprarsi la casa dove vive. «Ho comprato casa perchè credevo di essermi messo a posto, con l’assunzione alla Munksjo: coi turni in cartiera lo stipendio era interessante, soprattutto considerato che mia moglie è a casa a curare la bambina. Prima avevo fatto solo lavori temporanei o saltuari».
Per Damiano il futuro, che sembrava ormai ampiamente stabilizzato, improvvisamente è diventato grigio. “Dal mese prossimo io non so più che fare, con il mutuo da 800 euro al mese e moglie e figlia da mantenere” Spiega Damiano, che ricorda: «Durante l’occupazione mia figlia è venuta in cartiera e le è pure piaciuto stare lì. Ma poi mi ha chiesto: “Perchè ti hanno licenziato?” e io non sapevo cosa dirle».
Giuseppe (a sinistra nella foto sotto, accanto ad Angelo) ha 30 anni: alla cartiera, presso cui lavora da 8, fa il carrelista. E’ sposato e separato, e il figlio che fra poco compie 7 anni vive con lui. “Se mi chiede del mutuo ce l’ho anch’io: 870 euro al mese” Giuseppe prima lavorava alla Vibram: ma è stato con la Cartiera che si è sentito tanto tranquillo da fare un figlio e accendere un mutuo “Venire in Cartiera è sempre stato sinonimo di mettersi a posto: quella zienda ha più di 300 anni, ti pagano anche un po’ meglio degli altri, non ci sono mai stati problemi. Non riesci nemmeno a immaginare che le cose possano cambiare”.
Angelo (nella foto, a destra) ha 48 anni, è sposato e ha due figli. E’ da 17 anni che lavora in cartiera, anche lui come operaio bobinatore: cioè, fa parte del cuore della produzione. La sua assunzione, nel 1992, l’ha festeggiata accendendo il suo primo mutuo, per dare una casa alla sua famiglia. Tre anni fa, sempre più convinto di ciò che faceva, ne ha acceso un altro, per finanziare l’ampliamento della casa, che ha permesso di avvicinare gli anziani suoceri. E ora fa i conti con un licenziamento che arriva in una età difficile per i lavoratori. «Alla mia età avrò un paio d’anni di mobilità magari con la cassa integrazione tre anni di aiuti. Dopo di che sarò a 10 anni dalla pensione e non so mica chi mi piglia più».
Quel secondo mutuo gli brucia: Angelo è un “navigato” non credeva di esporsi ingenuamente a un debito che non sapeva se onorare. Ma: «Li ho visti passare tutti, gli ultimi propretari: Binda, Sottrici… All’epoca di Sottrici c’è stato il momento che a noi sembrava più critico, e invece si è risolto bene pure quello. E invece è successo ora. Non avrei mai e poi mai pensato. Ma d’altra parte, non sono mica il messo peggio, quanto a decisioni. Pensi ai miei colleghi: uno ha pagato la prima rata del mutuo questo mese, l’altro aveva appena firmato il rogito. Si figuri che prima di fare il mutuo, sentendo qualche voce pessimista sulla società, aveva pure provato a informarsi presso il capo del personale. Era si è no un mese fa: e lui gli aveva risposto di non dare retta a quelle scemenze, e di firmare il mutuo tranquillo».
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