“Fate sapere al mondo come si vive a Gaza”

Nell'autunno 2006 la vicenda di Claudio Moroni, lo psicologo e cooperante bustocco rapito nella città palestinese e poi liberato, uan finestra sul dramma silenzioso della Terrasanta

Il dramma di Gaza bombardata attira in questi giorni lo sguardo del mondo e divide le coscienze. La città palestinese è stata tramutata da decenni di forzoso isolamento, cominciato ben prima dell’occupazione israeliana, già all’epoca dell’occupazione egiziana (1948-1967), in un immenso carcere a cielo aperto, sovraffollato e in seguito ulteriormente corroso dagli insediamenti dei coloni israeliani, poi demoliti nel 2005 dallo Stato ebraico nella decisione più coraggiosa degli ultimi anni. Anche nella nostra provincia c’è chi ha conosciuto pochi anni or sono questa realtà difficile e sofferente, terreno di coltura di un odio settario che sfocia nelle missilate ai vicini israeliani. Claudio Moroni, psicologo, di Busto Arsizio, era balzato all’attenzione delle cronache alla fine del 2006 per essere stato rapito da banditi proprio a Gaza insieme ad un collega cooperante. La vicenda si era poi conclusa felicemente grazie al lavoro dei servizi segreti e alla collaborazione dell’autorità nazionale palestinese. Da allora Claudio, riferisce, non è tornato in Terrasanta, pur mantenendo i contatti con vari amici conosciuti nella West Bank, in cui operava di prevalenza.

È interessante, a due anni di distanza dai fatti, rileggere quanto lo psicologo diceva su Gaza "a bocce ferme", qualche tempo dopo la fine della brutta avventura in mano ai rapitori. In una terra la cui gente è legata dall’appartenenza a gruppi, clan, associazioni, Gaza era già allora il "buco nero" dell’ordine pubblico. Vinte le elezioni da Hamas, la città fu sigillata dai contatti con l’esterno, gli aiuti occidentali si inaridirono come uno uadi nel deserto. Gli stessi rapitori descrissero a Claudio e allo sfortunato compagno d’avventure, Marco, la situazione terribile della città: "Fate sapere al mondo come si vive a Gaza". Una città-carcere, un confino di massa dove tutti si conoscono… e conoscendosi girano armati. Una tregua fragile, sul filo del rasoio. Israele che stringe il cappio sui contatti con l’esterno, alla ricerca dei traffici di armi. Hamas che non ci sta, rompe la tregua: le due parti riprendono la politica dei missili e delle bombe, e se i primi fanno danni e vittime, le seconde causano stragi tremende. Fino all’artiglieria, ai carri armati, alla battaglia nelle strade. Non è Stalingrado, e i morti non si conteranno a decine di migliaia: è Gaza. Ma non è ieri nella lontana Russia, è oggi in Terrasanta, nel cuore di un mondo che all’umanità sta sempre più stretto.

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Pubblicato il 09 Gennaio 2009
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