Morandi l’Acrobata incanta le fan

Sabato 31 seconda replica del concerto del popolarissimo cantante bolognese, che regala agli estimatori (nella prima replica c'era anche il ministro Maroni) uno spettacolo perfetto e abbondante

Tanto per cominciare, è sceso imbragato con un trapezio da una delle impalcature più alte del “suo” tendone. Ha sessantacinque anni ma non rinuncia alle acrobazie, Gianni Morandi, per strappare urla di sorpresa e di gioia alle sue fan. Come 40 anni fa, come quando da ragazzo tutte le ragazzine erano innamorate di lui.

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Gianni Morandi in concerto 4 di 8

Ma non ce ne sarebbe bisogno, nemmeno ora che ha un’età, di tante acrobazie: davanti a lui il tendone allestito alla Schiranna per accogliere il concerto conteneva circa 2000 persone, il 75% delle quali donne, il 100% delle quali innamorate di lui. Fan di lungo corso o ragazzine che hanno ripassato tutto quello che non potevano conoscere per motivi anagrafici, tutte pronte a partecipare, gridare, battere le mani, agitare cellulari come accendini del terzo millennio: anche se la maggior parte di loro sono signore, anche se da loro certe “intemperanze” non te le aspetti più.
Un pubblico calorosissimo
, che nasconde anche un fan un po’ speciale, in terza fila e non in vista (tranne quando qualcuno che lo riconosce chiede e ottiene un foto…) come è nelle sue corde quando fa cose “normali”: il ministro Roberto Maroni, che ha ascoltato il concerto e si è divertito come tutti, come chi è appassionato di musica pop da tanti anni.

Morandi, alla fine, accontenta tutti, persino quelli che sono venuti solo come accompagnatori. Lui è come sempre bravissimo, superallenato anche fisicamente, spiritoso con il suo pubblico senza una sbavatura, ed è persino bravo a fare le imitazioni: quella di Mogol è deliziosa.
E’ perfetto e instancabile, portando in scena un repertorio di 40 canzoni
. Frammezzato solo da una “ospitata” di Pacifico, autore di alcune delle sue canzoni e ora cantautore da Hit con “tu che sei parte di me”, e da un duetto con una “fan” tour operator di Ferno, che canta strepitosamente con lui “Grazie perchè” (e che poi, grazie a Dio e a consolazione delle fan escluse dal “provino” realizzato sul palco, ci rivela essere la cantante della band ufficiale di tributo alla Pausini).

Il concerto, svolto in un palco circolare che riesce a regalare intimità e vicinanza a praticamente chiunque, anche a chi ha i posti più lontani, vede in scena solo lui e la sua chitarra (e anche un contrabbasso, a dire il vero) ma non lo si può definire davvero “unplugged”: brio e arrangiamenti moderni di alcune canzoni, come quelli per esempio di “Banane, Lamponi” sono assicurati da abbondanti basi musicali, che non tolgono niente all’interpretazione e contribuiscono a ricreare quella “calda perfezione al servizio del suo pubblico” che ha accompagnato tutta la sua carriera.

Ad un certo punto, di fronte a quell’aura di eterno ragazzo e di uomo buono e perfetto che l’accompagna, Morandi recita un liberatorio “Ma via, che palle! Io sono vecchio, e cattivo”. Ma, a parte il boato di "noooo" proveniente dal pubblico, è proprio la straordinaria perfezione di ogni punto dello spettacolo a smentirlo, e forse nemmeno lui ci crede davvero. Se lo merita tutto infatti l’affetto delle fan e questo strepitoso successo che – dopo momenti di crisi professionale anche grave – non lo abbandona più: per l’abnegazione al lavoro, l’alta professionalità e l’amore sincero che riversa sul suo pubblico, che è stato il vero sostegno di una carriera che avrebbe potuto essere finita oltre 20 anni fa.

Resta solo un piccolo appunto, e una riflessione a margine, per questa serata consigliabile anche a chi ha esitato fino all’ultimo a comprare il biglietto (sono rimasti solo quelli di tribuna, che tra l’altro sono i meno cari: poiché si vede ugualmente bene lo spettacolo, vale la pena di approfitarne). Per le nostre foto dovete portare pazienza: quelle che siamo riusciti a fare con le nostre macchinette “da internet” sono quelle che trovate in galleria.
Lo spesso surreale servizio d’ordine (che non ha esitato più d’una volta a placcare come hooligans signore settantenni in cachmirino, ree di avvicinarsi con troppa agilità al cantante) ha dato parecchio filo da torcere alla stampa per immagini, anche quella che si era data la pena di accreditarsi, e abbiamo tutti avuto un bel daffare a “portare a casa” gli scatti che avremmo voluto: fino all’iperbolico episodio in cui Giorgio Lotti, fotografo varesino che ha immortalato Chu En Lai e Arafat, la cui sola presenza con la macchina fotografica ad una manifestazione rende questa un evento, è stato fermato e “convinto” a smettere di scattare nello stesso istante in cui centinaia di telefonini facevano clic in direzione del palco.

Il che dimostra, da solo, quanto sia diventato incomprensibile il divieto di acquisire immagini all’epoca dei telefonini multimediali. E anche quanto, nell’impossibilità di fermare questo flusso di immagini di ogni tipo, il lavoro fatto da professionisti può fare, per un attore o un cantante, ancor più la differenza. Forse è arrivato il momento, per le organizzazioni artistiche in genere, di ripensare al rapporto costi/benefici del continuare a negare di essere nella società dell’immagine.

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Pubblicato il 31 Gennaio 2009
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