Sanremo 2009, da promuovere o bocciare?

Dal collegamento con l'Onu al sesso settantenne, per non parlare di chi è gay e non è gay: non si è fatto mancare nulla Paolo Bonolis per fare iniziare “con il botto” la 59esima edizione del Festival di Sanremo. Che potrebbe essere l'ultima

Dal collegamento con l’Onu al sesso settantenne, per non parlare di chi è gay e non è gay: non si è fatto mancare nulla Paolo Bonolis per fare iniziare “con il botto” la 59esima edizione del Festival di Sanremo. Edizione che, secondo le parole dello stesso direttore di Rai Uno Fabrizio del Noce potrebbe essere l’ultimo, se il declino di ascolti e di popolarità continuerà secondo il trend degli ultimi anni.

La prima giornata del Festival, che come da tradizione ventennale dura 5 giorni fino a sabato, è stata sublimamente orribile: un coacervo meraviglioso e  irresistibile di noia e assurdità, equamente suddiviso tra le canzoni, in alcuni casi banali e in altri quasi inquietanti, e le partecipazioni “straordinarie”.
Cominciate con un surreale collegamento con il rappresentante delle Nazioni Unite (come se Sanremo fosse un interlocutore istituzionale credibile…), ma che hanno avuto lo straordinario clou nella partecipazione di Roberto Benigni: che ha regalato (regalato si fa per dire: si dice sia costato 350 mila euro) un quarto d’ora di facezie politiche in bilico tra la satira alla Letterman e il Bagaglino, condite ovviamente da tette e patonze. Dando tra una battuta e l’altra a Berlusconi  un consiglio speciale per «diventare un vero mito, come Mina e Osama Bin Laden»: sparire dall’Italia e inviare solo un video ogni tanto. E consolando 
Veltroni a modo suo: «Walter, ti do’ lo slogan per la prossima campagna elettorale: ‘Rialzati Walter’"» Parafrasando lo slogan Pdl. E poi: «Walter, che vuoi che sia la Sardegna: c’e’ Montecristo, c’e’ Capraia, c’è Stromboli».
 
Battute tanto salaci quanto innocue. Ma, come ci ha abituato con Dante, Benigni ha dato l’affondo “a tradimento” solo alla fine, parlando della questione che ha animato l’attesa del Festival: la canzone di Povia e la questione omosessuale. «Tanti omosessuali sono stati torturati perché amavano un’altra persona. È un’assurdità. È incredibile che si parli ancora degli omosessuali così. Sono persone che si amano, non è che per colpa loro finisce la razza, come dice qualcuno». E poi recita, a memoria, la bellissima e sofferta lettera che Oscar Wilde ha scritto dal carcere al suo compagno di vita: chiudendo, grazie a Dio, in maniera splendida la questione, e sollevando persino il responsabile di Arcigay Grillini – in sala all’Ariston -dalla scomoda posizione di baluardo dell’argomento.
Perchè, in realtà, la canzone di Povia – lasciata maliziosamente tra le ultime in gara – è una canzone dalla povertà intellettuale rara, e un coacervo di luoghi comuni tanto orecchiabili quanto pericolosi, sciagurata figlia di questi tempi sciatti.
Molto più “rivoluzionaria” Iva Zanicchi, che parla senza ipocrisie di sesso in età matura: tant’è che è stata “punita” con la nomination delle giurie, che l’hanno messa tra quelli che rischiano di cadere giovedì insieme a Tricarico e agli After Hours, non all’altezza a dire il vero della loro originalità con le canzoni portate al festival.
Da segnalare anche il trio emerso dal brutto sogno di un discografico: Pupo, Paolo Belli (il direttore d’orchestra di Ballando con le Stelle) e Youssun’dour, star della musica africana passato direttamente dai duetti con Peter Gabriel alla compagnia di questi due tomi, dignitosissimi professionisti che però devono la loro fama ai varietà della tivù generalista. Ma l’idea di fondo è lodevole: testo e mix di cantanti favoriscono infatti la riflessione sulla nuova immigrazione.

Anche per il resto, comunque, Sanremo è Sanremo: con Luca Laurenti spalla obbligatoria, la valletta che prende un sacco di papere, il bel modello che tace sorride e prende milioni, gli ospiti stranieri – trendy si ma sotto tono, a quanto pare – e le assurdità tra i big come Marco Carta (che è Big perchè ha vinto la scorsa edizione di Amici) e Alexia – l’ex cantante anni ’80 virata al biondo – che, pur in un duetto tra i più interessanti della serata, si fa accompagnare alla chitarra da Mario Lavezzi sollevando il dubbio: ma il big non era mica lui?
A salvarci come sempre probabilmente ci riusciranno i giovani, che hanno presentato canzoni mediamente moderne e davvero interessanti.
L’appuntamento comunque è davanti alla tivù: ancora oggi, domani, postdomani e sabato sera, per il rito finale. E non fate finta di non volerlo guardare.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Febbraio 2009
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