Farioli: “Mi dimetto”
Dichiarazione choc del sindaco a bilancio ormai approvato. La Lega ha votato "solo per disciplina di maggioranza": per il primo cittadino forzista è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso
Il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli ha annunciato le proprie dimissioni. Lo ha fatto con un vero coup de théâtre all’una di notte, in chiusura del consiglio comunale di martedì sera, dopo cinque ore di sfiancanti discussioni e votazioni sul bilancio di previsione 2009 , pure approvato. A determinare la dichiarazione verbale il duro attacco subito in aula da parte della Lega Nord, che già lo aveva "sgambettato" sulla vicenda Accam qualche settimana fa. Il bilancio era stato regolarmente votato dall’assemblea, con sedici voti favorevoli, nove contrari e l’astensione di Cislaghi per il gruppo misto. Ma l’intervento assai duro di Antonio Raimondi per la Lega Nord aveva messo in chiaro che si trattava di un bilancio da "separati in casa", approvato solo e soltanto per appartenenza alla maggioranza. Forse ormai un’ex maggioranza.
Farioli aveva tenuto quello che doveva essere l’ultimo intervento a difesa del bilancio dopo le puntuali critiche delle opposizioni. Per il sindaco il bilancio (qui i dettagli) era «prudente e saggio». I critici della minoranza erano stati lesti a tacciare di scarsa solidità una manovra basata in gran parte su per ora ipotetiche entrate da alienazioni di terreni del Comune. Per Farioli «non un salto in alto, piuttosto un salto in lungo»: forse, più semplicemente, un salto del pasto, viste le ristrettezze alla voce "entrate".
A quel punto l’intervento, secco e duro, di Raimondi. L’artigiano gelataio serviva, come già un anno fa, un "cono" tanto gustoso per le opposizioni che lo accoglievano con applausi (altri ironici giungevano invece dai banchi della giunta e dal sindaco stesso) quanto indigesto per Farioli. «Investimenti? Opere?» citava il consigliere leghista, capogruppo in assenza di Gianfranco Tosi. «Qui di questa amministrazione si ricordano solo le passerelle ciclopedonali e l’addizionale Irpef comunale, che ha sottratto soldi dalle tasche di tanti. Mancano progettualità e idee, lo dimostra il continuo spostamento di risorse da un capitolo a un altro. Si guardi anche il destino di immobili come la Villa Calcaterra. Quindi invece di parlare di ruolo di leadership per la città, concentriamoci sui bisogni quotidiani dei cittadini, dall’economia al verde, allla sicurezza, alla viabilità». Raimondi annunciava voto favorevole al bilancio, «incluso il mio, ma esclusivamente per obbligo di partito in quanto parte della maggioranza». Dichiarazioni cui il capogruppo forzista Sandro Orsi rispondeva elencando l’«eredità delle gestioni "dure e pure": calzaturificio Borri, centro dialetti, indebitamento fra i più alti della Lombardia…» Non esattamente cose da dirsi fra alleati.
Le mani sul volto, il sindaco era rimasto immobile per buona parte delle lunghe votazioni sulla marea di emendamenti e mozioni d’indirizzo, coordinate da un presidente Speroni irritato per l’ora tarda e la piega presa dagli eventi. A bilancio approvato, un’ultima comunicazione del primo cittadino, livido: «Le parole proferite qui dal capogruppo della Lega non sono dette in un’aula sorda e grigia» commentava. «A fronte di ciò, il sindaco si dimette». Il "rompete le righe" in un’atmosfera di sorpresa e incredulità.
Non è dato sapere se la dichiarazione del sindaco, registrata, messa a verbale e, pare, persino filmata, sarà tradotta in atto, ossia non sarà revocata. Quel che è certo è che si è aperta una crisi molto grave tra la Lega e il PdL.
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