Irlanda, Tibet e… Busto Arsizio: il richiamo di Comunità Giovanile
La crisi economica globale acuisce le antiche ruggini nazionali e comunitarie da un capo all'altro del pianeta. Diseguaglianze e repressioni da condannare. "Il Dalai Lama cittadino onorario" chiede ancora una volta l'associazione
Riceviamo e pubblichiamo
Comunità Giovanile intende sollecitare l’attenzione e la sensibilità di quanti hanno a cuore la libertà e l’identità dei popoli. Intende, inoltre, sollecitare l’assunzione di gesti, da parte delle istituzioni, simbolici ma dall’alto significato, che servano da monito a quanti intendano ostacolare, in ogni modo con ogni strumento ed in ogni luogo, i processi di pace e i processi culturali di superamento di conflitti su base ideologica, etnica e culturale.
Ci esprimiamo in primis sulla situazione nordirlandese. E lo facciamo memori di quella storica serata del maggio scorso, quando la Comunità Giovanile ebbe l’onore di ospitare i ragazzi del quartiere di Belfast dell’Ardoyne. A seguito dei sanguinosi avvenimenti dei giorni scorsi nell’Ulster, esprimiamo la ferma condanna nei riguardi degli atti violenti che rischiano di minare il lungo e difficile processo di pace tra Lealisti (filo-inglesi) e Nazionalisti (repubblicani nordirlandesi). E’ doveroso approfondire le cause di tali avvenimenti che accadono in un contesto di profonda crisi sociale e politica in cui versa ancora oggi l’Irlanda del Nord, un paese che mostra chiari segni di tensioni ancora irrisolte.
Tale crisi è causa e risultato, soprattutto, di una eccessiva influenza della gestione britannica, fondata sul mantenimento delle divisioni culturali e sociali, terreno fertile per le organizzazioni paramilitari dissidenti, probabili responsabili degli attacchi di Antrim e di Craigavon. Nei quartieri e nelle città nordirlandesi regnano povertà e disagio sociale, acuiti dalla crisi economica in atto.
Comunità Giovanile desidera rinnovare la vicinanza al popolo nordirlandese nel suo drammatico cammino di pace e per l’autodeterminazione, ricordando all’opinione pubblica che gli avvenimenti di questi giorni definiti giustamente “l’orlo dell’abisso” non son frutto solo di azioni di pochi “terroristi nemici della pace” ma di tensioni politiche e sociali da cui un governo Occidentale dovrebbe fuggire.
Dall’altra parte del mondo in Tibet, oltre agli ingiustificati arresti di cui ne denunciamo la palese violenza (fin troppo tollerata dai media occidentali) di questi giorni dobbiamo registrare alcuni fatti.
Da mesi l’apparato politico- amministrativo cinese è particolarmente all’erta. Il grado di sicurezza dimostrata durante Pechino ’08 dalle ingenti forze armate in campo spingono il governo a prolungarne l’esperienza coni il ‘controllo totale’ del dissenso, una campagna di «attenzione» poliziesca verso i potenziali oppositori, volta a soffocare il malcontento crescente. Inoltre due fatti nuovi hanno introdotto nello scenario cinese altrettante incognite. La prima variabile è la crisi economica. Bancarotte frequenti e tagli di produzione hanno causato un elevato tasso di disoccupazione e creato una situazione socialmente pesante. Milioni di lavoratori hanno perso i loro posti di lavoro e il sistema di previdenza sociale si è indebolito. La disoccupazione è molto più grave di quanto facciano notare le statistiche ufficiali. Oltre sei milioni di lavoratori regolari disoccupati.
L’altro fatto recente, che qui ci piace sottolineare e che potrebbe costituire una pericolosa miccia per l’establishment, è la pubblicazione di Carta 08: una lettera-appello che denuncia la grave situazione dei diritti umani in Cina e chiede alle autorità una svolta radicale in direzione di libertà e democrazia. Il documento, che si richiama esplicitamente a Charta ’77 (manifesto del dissenso cecoslovacco), rappresenta il gesto più coraggioso che attivisti e intellettuali dell’opposizione hanno messo in campo negli ultimi anni.
Ce n’è abbastanza per capire allora come quella che Pechino si appresta a vivere, sia una lunga primavera ‘calda’, dove dovrà, per forza di cose, scaricare le tensioni sociali altrove.
E cosa possiamo fare noi di queste crisi internazionali? Intanto invitare tutti ad una riflessione condivisa al fine di comprendere, per quanto è possibile, gli accadimenti. Seppure in questi frangenti le complicazioni esistenti non possono dare spazio a risposte nette e chiare, riteniamo che l’importante sia tenere alta l’attenzione e, rileggendo le righe di cui sopra, ci sentiamo in grado di fare una considerazione: la costante della crisi economica in entrambi i casi. Purtroppo è fattore determinante nell’acuire tensioni e scontri. E ciò non accade solo al di fuori dei nostri confini, tutti a pensarci ne siamo testimoni più o meno consapevoli, anche vicino a noi. Rifuggire dall’estremismo e non cadere alle sue imbecilli provocazioni è la prima importante risposta.
Sia poi Busto Arsizio esempio e capofila di un coraggio comunitario che vada ben oltre le divisioni, accelerando al più presto la concessione della cittadinanza onoraria al Dalai Lama.
La libertà, si sa, è fatta da piccoli, significativi, passi…
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