Nardello, addio al ciclismo con il Giro delle Fiandre

Domenica in Belgio l'ultima recita del campione di Arcisate, tricolore nel 2001. «Le vittorie più belle? Il titolo italiano, la tappa del Tour e il Gran Premio di Zurigo»

Sedici anni nel gruppo dei professionisti, 26 vittorie con le chicche di una tappa al Tour (con tre piazzementi nei primi dieci nella classifica finale) e due alla Vuelta, una prova di Coppa del Mondo a Zurigo e la maglia tricolore su strada conquistata nel 2001: con un palmares da grande campione alle spalle si è conclusa l’avventura nel plotone di Daniele Nardello. Lo ha annunciato lo stesso campione di Arcisate che ha scelto uno dei palcoscenici più belli del ciclismo internazionale per il proprio addio: Nardello sarà domenica al via di quel Giro delle Fiandre che per due volte è arrivato vicino a conquistare (5° in due occasioni) per un ultimo colpo di coda prima di lasciare le corse.

Nardello, decisione irrevocabile?
«Sì, ormai l’ho presa. Forse oltre al Fiandre correrò la Gand-Wevelgem se la squadra avrà bisogno di me, ma insomma siamo agli sgoccioli».

Come è maturato l’addio a stagione iniziata da poco?
«Ho avuto qualche problema come la brutta caduta che ho avuto in Australia e i problemi di salute che mi hanno costretto al ritiro durante la Sanremo. Però in realtà la causa prima arriva dalla testa: alla Tirreno-Adriatico per esempio le cose non andavano come volevo; io sono abituato a correre per far bene, "portare in giro" la bicicletta è una cosa che non mi interessa. A inizio stagione ero piuttosto carico, ora molto meno».

Lei rimarrà comunque nell’ambito della sua formazione, la Fuji-Servetto.
«Sì, con diverse possibilità di lavoro. Tra le altre cose farò anche il direttore sportivo "a giornata", anche per capire se è una attività per la quale sono tagliato e per vedere se mi piace».

C’è però ancora un Fiandre da onorare. Come si sente in vista dell’appuntamento con muri e pavé?
«Sarà certamente una corsa molto difficile, mi sarebbe piaciuto arrivare con una condizione migliore di quella che ho per provare a farmi vedere. Però dai, sto un po’ meglio rispetto alla "Tirreno": se intravvederò qualche possibilità proverò a sfruttarla. Magari una fuga da lontano o qualcosa del genere».

Domanda d’obbligo: la vittoria più bella.
«Ogni successo fa storia a sé, per come è nato. Forse i più belli sono tre: il campionato italiano, la tappa del Tour (Carpentras, 25 luglio ’98) e il Gran Premio di Zurigo. Di certo però quella più cercata è stata la maglia tricolore (foto a lato – dal web): ci ho provato in più occasioni finché finalmente è arrivata».

Lei è cresciuto con addosso le maglie di diverse squadre della nostra provincia. Nel futuro vede una collaborazione con qualche club locale, magari per far crescere i giovani?
«Non ci ho ancora pensato, e non ho parlato con nessuno che me lo ha proposto. Nell’immediato futuro ho un’attività imprenditoriale visto che sto aprendo alcune gelaterie in Canton Ticino insieme ad alcuni amici, oltre al lavoro con la Fuji-Servetto di cui abbiamo parlato».

Concludiamo quindi con la prima domanda da dirigente della Fuji: è vero che avete ingaggiato Paolo Bailetti, rimasto senza squadra dopo che è svanito il progetto H2O?
«Verissimo: Paolo è un ottimo corridore che nelle corse a tappe può essere un solido appoggio in salita agli uomini di classifica come ha dimostrato l’anno scorso al Giro a fianco di Di Luca. Era un peccato vederlo a piedi, allora l’ho segnalato al team manager Crespi. Diciamo che, via io arriva un altro varesino in gruppo, così riequilibriamo le cose».

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Pubblicato il 31 Marzo 2009
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