Varese alla ricerca di un coro

La provincia e la storia "recente" delle strade e dello sviluppo del territorio

L’acqua e le strade hanno fatto grande Varese. Hanno permesso a questo territorio, stretto tra il lago Maggiore a ovest e la frontiera con il Canton Ticino a nord, di avere uno sviluppo economico di primo livello, malgrado le difficoltà che si potevano incontrare.
Lungo i corsi d’acqua era un fiorire di attività di ogni tipo. A riprova della ricchezza che questo produceva, alla fine dell’Ottocento, a Vizzola Ticino venne costruita la più grande centrale idroelettrica d’Europa.
E intanto, dopo la rete ferroviaria, si preparava l’altra grande “rivoluzione”: quella stradale e automobilistica.
Secondo l’“Annuario dell’Automobilismo”, edito dal Touring club italiano,nel 1905 sul territorio comasco e varesino circolavano 27 automobili. Qualche anno dopo, nel 1927, nella neonata provincia di Varese, il Pubblico registro automobilistico registrava “già” 1.833 autoveicoli.
Non erano certamente solo quei numeri a far scegliere di costruire, proprio su queste terre, la prima autostrada al mondo. Il 26 marzo 1923 fu infatti posata la prima pietra e il 21 settembre dell’anno successivo Vittorio Emanuele III inaugurava quella che sarebbe poi diventata l’attuale A8 e A9.
Per la provincia di Varese quell’opera determinò un forte cambiamento. I collegamenti verso il capoluogo lombardo si inserivano in una rete di infrastrutture di primo livello. A Ovest il Sempione e la navigazione che dal lago Maggiore portava fino a Milano. A Nord la galleria ferroviaria del Gottardo che dalla fine dell’Ottocento apriva sbocchi verso i mercati europei.
Investimenti che nei decenni successivi cambiarono completamente il territorio determinandone uno sviluppo industriale con un’intensità pari a poche altre aree in Europa.
Oggi nella provincia di Varese, secondo l’Aci, ci sono 62 automobili ogni cento abitanti. È un vero record per tutta la Lombardia e la rete infrastrutturale da tempo mostra il segno degli anni, anche se il territorio tiene ancora il passo con le altre realtà di maggior sviluppo. Se è vero che molte grandi aziende hanno chiuso e che il tessuto produttivo è fortemente cambiato, è anche vero che Varese mantiene un forte appeal. Tanto che la più grande multinazionale in Europa, la Whirlpool, ha qui la sua direzione strategica, e altre imprese scelgono ancora questa provincia per i loro investimenti.
Negli ultimi quindici anni abbiamo comunque assistito a cambiamenti epocali. La globalizzazione ha prodotto un’altra accelerazione dai ritmi vertiginosi. C’è stato un vero terremoto: economico con la crisi pesante di diversi settori e l’avvio di processi di delocalizzazioni; sociale con la presenza sempre più significativa di popolazioni di nazionalità diverse; politico con l’affermarsi della Lega nord e con questa il crescere dell’istanza federalista. Varese in virtù proprio di quest’ultimo aspetto ha ripreso a far parlare di sé ben oltre la nostra regione.
Un discorso a parte va fatto per la cultura e la formazione che ha visto un risveglio forse inaspettato in tanti diversi settori. La diffusione di internet è l’altro elemento di profondo cambiamento. Uno strumento che sta portando a mutazioni che investiranno ogni campo e lancia il concetto di glocal. Da una parte infatti i processi di globalizzazione procedono con la necessità di trovare nuovi equilibri, dall’altra il bisogno di identità e di radicamento territoriale portano a tener sempre più in conto la realtà locale e il bisogno di comunità. Quello che potrebbe apparire una dicotomia, una contraddizione, diventa invece l’elemento da cui nessun intervento, in nessun settore può più prescindere.
Su questo piano Varese conserva una forte attrattività e potrebbe continuare a vederla crescere. Il suo territorio presenta elementi di grande ricchezza che ben spiegano le ragioni dei successi. Quello che descriveva Stendhal circa due secoli fa osservando il panorama che gli si apriva alle porte della città, oggi capoluogo, non ha subito cambiamenti radicali. Sono tanti gli esempi di realtà che scelgono questa provincia per le proprie attività e non solo nel settore economico. Gli australiani hanno qui le proprie nazionali di ciclismo e prepareranno le olimpiadi di Londra per tutte le altre discipline sportive. È solo un esempio che però permette di capire quanto sia vincente il mix di ambiente, clima e servizi. La presenza di un aeroporto internazionale, la cui crisi momentanea non ne metterà comunque in discussione la funzione, è un elemento di traino per ogni attività. Insieme a questo una rete di servizi di primordine. Centri di eccellenza del sistema formativo. Due università che, seppur di recente costituzione, hanno raggiunto già risultati importanti. Il centro di ricerca della Ue a Ispra, la Scuola europea, il Centro Cot e diverse realtà private completano questo quadro.
Realtà che hanno trovato sviluppo negli ultimi anni favorendo il rifiorire di iniziative culturali. Quattro grandi settori stanno raggiungendo dati interessanti: il teatro, il cinema, l’arte e i libri.
Rispetto al primo c’è stata una vera rivoluzione. Sono state costruite nuove strutture e oggi il numero di posti in sala per abitante riporta Varese ai primi posti in Italia.
Lo stesso vale per il cinema con un ulteriore elemento di interesse. Esistono da diverse stagioni due rassegne di livello internazionale: i Cortisonici e il Busto Film festival.
Anche l’arte vive un momento di crescita importante sia per gli interventi strutturali che per le proposte estemporanee. Dopo Villa Panza e diverse altre location minori, aprirà i battenti a Gallarate una delle più grandi gallerie moderne in Italia. Da ultimo anche il filone della promozione libraria vede un fiorire di progetti e proposte di grande livello.
Varese riscopre inoltre anche una vocazione turistica che la rendeva nota nei primi anni del secolo scorso. La terra dei laghi e dei giardini accompagnava la sua immagine e i mondiali di ciclismo hanno fatto riscoprire oltre che le bellezze, le opportunità che il territorio offre.
Una situazione di fermento che trova un riscontro anche sul versante mediatico. Negli ultimi anni sono nate molte esperienze e nel campo telematico addirittura l’hanno portata di nuovo a primati nazionali.
C’è quindi un grande movimento e un buon attivismo. Il territorio risente però di alcuni deficit che nel tempo sono diventati sempre più evidenti e pericolosi. Di fronte alla multipolarità che fa dialogare con fatica le singole aree geografiche c’è anche la difficoltà culturale di elaborare analisi che tengano conto dei tanti fattori di trasformazione in atto. La provincia è in presenza di tanti eccellenti “solisti” che sanno operare con professionalità e affrontare sfide. C’è meno propensione a “suonare insieme”, e così si assiste a una sorta di sindrome da pasticcino dove piuttosto che lavorare a una bella torta tutti insieme ognuno preferisce guardare alla propria piccola creatura pensando che sia la più bella, alimentando oltre tutto paure anziché vedere opportunità.
La presenza di tante culture diverse viene vissuta con sospetto quando non con aperta ostilità. Oggi che le sfide sono mondiali e che i mezzi permetterebbero di andare oltre ogni ostacolo, c’è una forte spinta a chiudersi a riccio. Si ha paura di perdere identità e questo condiziona in modo forte ogni segmento della vita sociale ed economica.
La cultura e le tante esperienze nel campo della ricerca e nell’innovazione non riescono ancora a fare da collante per garantire nuove forme di sviluppo. Resta tutto troppo frammentato e questo riflette anche il modo di agire delle amministrazioni pubbliche.
Il tessuto produttivo fatto di tante piccole imprese, dove il capitalismo personale è ancora l’elemento vincente, rispecchia e alimenta questa situazione. Oggi però le sfide sono tali che senza reali processi di condivisione si corre il rischio di non esser più adeguati. I progetti richiedono visioni che possono trarre forza dalle differenze delle identità culturali. Le esperienze sul territorio ci sono e potrebbero essere valorizzate anche perché l’epoca dello sviluppo ad ogni costo è finita e serve guardare alla realtà con riferimenti diversi dalla sola produzione della ricchezza economica. Sostenibilità, innovazione e cultura diventano elementi sempre più presenti nelle linee guida di diverse aziende.
In questo si inseriscono anche i progetti per nuove infrastrutture. In passato Varese era economicamente meno ricca di oggi. Malgrado ciò, come si raccontava all’inizio, era capace di realizzare imponenti opere superando ogni tipo di difficoltà tecnologiche e progettuali. C’era una visione che non aveva paura di aprire il proprio territorio. Oggi fare questo richiede molto più coraggio in più consapevoli che sono processi inarrestabili e che possono trarre dalle differenze delle identità la loro ricchezza. È un processo lungo dove il senso di comunità andrà ricostruito a partire da nuovi presupposti culturali e sociali e i prossimi dieci anni saranno decisivi per continuare a migliorare la qualità della vita di chi ha la fortuna di vivere su questo territorio.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Marzo 2009
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