Educarte in Ungheria nel segno di Pirandello

Gli attori della struttura di piazza Plebiscito volano in Ungheria, e più precisamente a Budapest, per prendere parte al convegno-spettacolo “Racconto e film–Regény és film”

Nuova importante trasferta europea nel segno di Luigi Pirandello per il l’associazione culturale Educarte-teatro Sociale di Busto Arsizio. Dopo la partecipazione al simposio internazionale sullo scrittore siciliano, che lo scorso ottobre ha animato l’ottava edizione della “Settimana della lingua italiana nel mondo” a Bratislava, gli attori della struttura di piazza Plebiscito volano in Ungheria, e più precisamente a Budapest, per prendere parte al convegno-spettacolo “Racconto e film–Regény és film”.

L’appuntamento, in cartellone da mercoledì 22 a venerdì 24 aprile, è promosso dal Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento, con il contributo della presidenza della Regione siciliana-Ufficio per le Relazioni diplomatiche e internazioni e con il patrocinio dell’Istituto italiano di cultura, oltre che dell’Università Eötvös Lorànd di Budapest. E si avvale della presenza di importanti studiosi italiani e ungheresi, tra i quali Salvatore Ettorre, Ilona Fried, Stefano Milioto, Giorgio Pullini, Gian Paolo Salvi e Géza Sallay.  

Educarte chiuderà la sessione dei lavori di mercoledì 22 aprile con la rappresentazione, presso la Sala cinema dell’Istituto italiano di cultura “Olasz Kultúrintézet”, de “L’uomo dal fiore in bocca”, dramma in un atto unico che Luigi Pirandello mutuò dal racconto “Caffè notturno” del 1918 (ripubblicato cinque anni dopo con il titolo definitivo de “La morte addosso”), la cui prima rappresentazione si tenne al teatro degli indipendenti di Roma, diretto da Anton Giulio Bragaglia, il 21 febbraio 1923.

Lo spettacolo, vero e proprio cavallo di battaglia di tanti grandi interpreti del secolo scorso, tra i quali l’indimenticabile Vittorio Gassman,  si avvale per questo allestimento della regia di Delia Cajelli e vede in scena gli attori Gerry Franceschini e Mario Piciollo.  

Classico pirandelliano di grande impatto emotivo e di straordinaria forza drammatica, definito dai più come «un’ode sommessa alla vita che sfugge», “L’uomo dal fiore in bocca” trasporta il pubblico all’esterno del caffè di una stazione ferroviaria, illuminato dalle luci fioche della notte. In questo scenario, squallido e crepuscolare, un «pacifico avventore» che ha perduto l’ultimo treno della sera e che, in attesa del convoglio successivo, lascia scorrere il tempo sorseggiando una bibita alla menta, si ritrova ad ascoltare la dolente storia di un uomo ammalato di epitelioma, un cancro o come scrive lo stesso Luigi Pirandello un fiore che la morte, passando, «ha ficcato» in bocca.

Il dialogo, o meglio il semi-monologo del protagonista, si configura come una meditazione sull’esistenza umana, sull’importanza della quotidianità e di tutto ciò che, in condizioni normali, appare insignificante. Dai braccioli delle sedie negli atri della stazione ai gesti che i commessi dei negozi compiono per fare un nodo a un pacco, dall’arredamento delle sale d’attesa dei medici all’imprevedibilità dei terremoti, tutto passa al vaglio dell’uomo malato, in un estremo e unico punto di contatto con la vita che sfugge, della quale egli vuole goderne fino allo stremo delle sue possibilità esistenziali, «come un rampicante alle sbarre d’una cancellata».

Delia Cajelli, Gerry Franceschini e Mario Piciollo saranno protagonisti anche della sessione di lavoro prevista per giovedì 23 aprile, durante la quale è in programma la lettura drammatizzata di alcuni brani de “La sposa era bellissima” di Enzo Lauretta, romanzo pubblicato nel 1984 per i tipi della Vallecchi e vincitore dei premi Rhegium Julii e Sila, dal quale sono stati tratti, nel 1986, uno sceneggiato in sette puntate per la Radio Svizzera italiana e un film di gran successo, diretto da Pal Gabor e coprodotto da Ama film, Titanus e Mafilm, che ha avuto nel cast, tra gli altri, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Angela Molina e Simona Cavallari.

Il racconto, ambientato in un piccolo centro della montagna siciliana, a metà strada tra Palermo e Agrigento, negli anni in cui l’emigrazione investe e condizione la vita dell’isola, delinea la storia di una vedova “bianca”, moglie di un lavoratore emigrato in Germania che, da anni, non torna più a casa: Maria. La donna, dopo un lungo periodo trascorso ad attendere invano il marito, si innamora, ricambiata, di un giovane medico, appena giunto in paese dal nord Italia. Ma il destino è inclemente: Maria muore, poco dopo, per un male incurabile. Il figlio adolescente, sconvolto dall’accaduto, decide di partire alla ricerca del padre, con l’intenzione di ucciderlo. La misera visione che lo attende, quella di un uomo malamente accasato con una bisbetica tedesca, lo farà, però, demordere dall’intento. 

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Pubblicato il 20 Aprile 2009
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