“Forze tedesche in ritirata, fascisti in fuga: quell’annuncio che ci ridiede la luce”
Angelo Chiesa, Amleto Noce e Giuseppe Gatti ricordano e raccontano i giorni dell'insurrezione: gli scontri, il ritorno alla normalità, la speranza
Un messaggio radio atteso a lungo, sulle montagne e forse ancor più nelle città: poche parole in codice, poi l’annuncio definitivo. “Forze tedesche in ritirata, fascisti in fuga” ripeteva alla radio la voce del Comitato di Liberazione. Anche i partigiani varesini non si fecero trovare impreparati: se il confine con la Svizzera era inviolabile, c’era da interrompere la marcia delle colonne che da Milano si spingevano verso est, verso il Brennero. E soprattutto c’era da garantire l’integrità dell’apparato industriale, ricchezza da cui ripartire per ricostruire l’Italia. «I ferrovieri – ricorda Angelo Chiesa, allora partigiano diciassettenne in armi – già da alcuni giorni avevano dichiarato lo sciopero, interrompendo la circolazione sulle linee ferroviarie. A Varese ci fu una vera insurrezione popolare, trascinata dai pochi uomini in armi di cui disponevamo: i partigiani del quartiere Valle Olona scesero in città e portarono in piazza i cittadini. Alla fine non vi furono scontri, né feriti: quattro gatti armati e la popolazione in massa liberarono la città».
Se Varese era un “presidio” di confine, ben diversa era la situazione nella bassa provincia, dove forti guarnigioni presidiavano le fabbriche, in particolare quelle aeronautiche, e i due aeroporti della brughiera (Malpensa e il “campo della speranza”, tra Lonate e Tornavento). Gli scontri furono violenti, alcune località furono conquistate dai patrioti, poi rioccupate dai tedeschi, quindi liberate definitivamente: a Samarate perse la vita il comandante Mauri. «Io facevo parte della 1° Brigata Lombarda della Montagna, 7° distaccamento di Cassano Magnago. Avevo quindici anni, facevo la staffetta, essendo molto giovane» ricorda Amleto Noce, uno degli ultimi testimoni tra i partigiani che parteciparono all’insurrezione. A Cassano occuparono i luoghi importanti, per impedire colpi di coda di tedeschi e fascisti: «Non ci furono rivincite, ottemperammo solo alle direttive del CLN».
E iniziò il ritorno alla vita democratica e alla normalità: «Le prime deliberazioni del Comune di Varese – ricorda Angelo Chiesa – ordinarono di scalpellare i fasci littori dai tombini e di riattivare l’illuminazione pubblica, visto che la guerra e l’oscuramento erano finiti per davvero. Così la Liberazione portò con se la luce, quasi una scelta emblematica».
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