Lab#ID, la tecnologia per le imprese ha spiccato il volo

Festeggiati nella originale cornice di Volandia, il museo del volo, i primi due anni di vita di un Laboratorio universitario che è stato capace di conciliare la ricerca applicata con le esigenze della produzione

27 progetti realizzati o in corso, 40 partner industriali, 25 tesi di laurea curate per un investimento iniziale di 200mila euro in tre anni: è stato un buon affare la creazione nel 2007 del laboratorio Lab#Id dell’università Cattaneo – Liuc. Stando al primo bilancio infatti, fatto dopo due anni di attività nell’originale cornice del museo Volandia, è un progetto che costa poco e rende molto: ma soprattutto – caso raro – ha fino ad ora praticato concretamente e proficuamente il rapporto tra la ricerca e le imprese.
«Quando il professor Buonanno è venuto spiegarmi che c’era un progetto che poteva essere utile alle imprese varesine, dell’Rfid non ne sapevamo niente, ma ci ha subito incuriosito – spiega Mauro Temperelli, segretario generale della Camera di Commercio di Varese, uno dei primi soggetti coinvolti nell’iniziativa -. Abbiamo cercato di capire meglio se avrebbe potuto esserci attenzione da parte delle imprese, e abbiamo scoperto che c’era: prima da una delle associazioni che rappresentano il comparto più strettamente industriale, Univa, poi da tutti i rappresentanti delle imprese».

E’ stato un colpo di fortuna o di testardaggine, dunque, quello che ha convinto istituzioni come la Camera di Commercio o Regione Lombardia a cercare di capire le vere potenzialità di questo nuovo sistema per identificare gli oggetti, a concedere i fondi iniziali e a collaborare per inserire questo laboratorio nel progetto europeo REGINS-RFId, insieme ad altri tre atenei della UE.
«Unatecnologia che, in sé, non è recentissima: gli apparecchi militari per riconoscere i mezzi amici, o in tempi più recenti il telepass, sono oggetti che usano la tecnologia Rfid da molti anni – spiega Giacomo Buonanno, preside della facoltà di ingegneria gestionale della Liuc cui appartiene il laboratorio – La vera svolta però, è stata quando la tecnologia ha permesso di rimpicciolire in maniera significativa i dispositivi RfID. Da quel momento è stato possibile pensare ad una applicazione più diffusa nelle aziende di questa tecnologia». E proprio in corrispondenza di quel periodo il laboratorio è nato e ha creato studi di fattibilità per decine d’aziende: dalla tracciabilità dei bagagli di Malpensa alla gestione del prodotto dalla realizzazione alla consegna.

Anche perchè si tratta «di un dispositivo non caro» come precisa e tiene a sottolineare Marco De Battista dell’Unione Industriali di Varese che per prima ha creduto nel progetto: “non è un particolare da poco: per le imprese è fondamentale il rapporto tra quello che il dispositvo può fare e il suo costo”. E la capacità di analizzare anche questo aspetto nella valutazione della fattibilità è uno degli elementi più graditi del laboratorio universitario. «Quello di Lab#id è un esempio di come la formazione deve relazionarsi con l’impresa».
E per questo le aziende si sono rivolte più volte ai ricercatori Liuc: fino ad ora soprattutto per la gestione della logistica o del magazzino, o la tracciabilità di oggetti di particolare importanza come bagagli, merce in consegna o documenti sanitari «Ma in futuro si può andare molto oltre: l’Rfid èuna teconologia per l’identificazione degli oggetti, ma non è passiva come altri dispositivi, il codice a barre ad esempio – spiega Luca Mari, direttore del laboratorio – questo permette di pensare applicazioni che combinano la sua presenza con quella di altri dispositivi che misurano o danno informazioni diverse. Come i tag accostati ai sensori di temperatura, che sono in grado di monitotare e garantire la catena del freddo in quei prodotti dove il mantenerla è assolutamente necessario, come ad esempio le sacche di sangue».

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Pubblicato il 21 Aprile 2009
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