Sfrattati, una famiglia spaccata

Lui continua a dormire in auto, la moglie e i tre figli conviventi precariamente ospitati presso parenti e amici. Una storia "minima" ma emblematica di problemi vecchi e nuovi

Prosegue apparentemente senza sbocchi la vicenda dei coniugi Ciro e Giovanna G. sfrattati con i tre figli conviventi, di cui due minori, dall’appartamento di Aler cui da tempo non riuscivano più a pagare gli affitti e le spese. A distanza di cinque giorni il capofamiglia dorme tuttora in automobile (immobilizzata perché priva di assicurazione), mentre la moglie con il figlio più piccolo, di soli quattro anni, ha trovato ospitalità temporanea da una delle due figlie adulte, e altre due figlie di 21 e 14 anni si sono sistemate presso amici. Sistemazioni precarie, in abitazioni che non contemplano tanti occupanti. La famiglia resta spaccata, e la situazione materiale difficilissima, con lui disoccupato, e il cui magro assegno di disoccupazione per paradosso disincentiva l’assunzione in confronto, ad esempio, ad un lavoratore in mobilità. In condizioni in cui anche un bilocale viene a costare sui 500 euro al mese, senza redditi più che certi è impensabile affittare: «senza lavoro non c’è spesa che si possa pagare, è difficile anche mangiare». Anche l’ipotesi Pime non appare risolutiva: presso i missionari uno spazio nei prossimi giorni si potrebbe liberare, ma per il solo capofamiglia il quale però, dice la moglie, non ne vuol sapere: «vuole riunire tutti insieme, non separarci ancora di più». Destino durissimo quello di un uomo che ha lavorato fin da ragazzino, presa la licenza elementare, e dai primi anni Duemila, perso il posto in fonderia, è finito nel purgatorio degli impieghi a termine. Fino a perdere la casa in cui aveva vissuto quindici anni, per i troppi arretrati con Aler, alle notti in macchina, un piumone addosso, nel silenzio di volta in volta scontroso o prudente delle istituzioni preposte, laiche e religiose. Un caso di quelle "nuove povertà" di cui non si vuol sentire parlare, salvo passare per assistenzialisti.
«Domattina vado di nuovo a parlare con l’assessore Crespi, se necessario li accompagno ai servizi sociali» riferisce Erica D’Adda, la consigliera comunale del PD che si è presa a cuore la vicenda, emblematica del momento difficile di un’intera città e che rischia di non restare affatto isolata. Alle spalle della famiglia G. problemi cronici, ma per tanti il rischio di trovarsi in situazioni non dissimili è dietro l’angolo. «Purtroppo i tempi stretti non hanno consentito di cercare per tempo delle soluzioni alternative, e sono giorni che stiamo correndo. È un fatto comunque» riflette D’Adda «che in questo caso di vera emergenza non siamo stati capaci, come amministrazione cittadina, di una risposta pronta».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Aprile 2009
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