Terremoto, i volontari della Croce Rossa raccontano
Dal 12 al 22 aprile i volontari hanno lavorato sodo, suddivisi in due basi operative a L'Aquila e Avezzano. "Ci porteremo dentro quest'esperienza per sempre"
Fra i volontari accorsi da ogni parte d’Italia in soccorso alle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto non mancava l’importante contributo della Croce Rossa varesina. Il comitato locale di Varese della CRI ha inviato sui luoghi colpiti dal sisma 15 persone, dal 12 al 22 aprile. Un impegno forte quello dei volontari, suddivisi fra due centri operativi: il Dicomac dell’Aquila, centrale di coordinamento con la Protezione Civile, e il magazzino di stoccaggio merci di Avezzano. A relazionare è la commissaria dei volontari del soccorso Livia Colombo. «Il nostro era un lavoro di tipo logistico ed organizzativo. Smistavamo ed inventariavamo i materiali che giungevano in Abruzzo, sulla base delle richieste che ci giungevano dalle diverse tendopoli». Dunque alimentari, vestiario di tutti i tipi, materiali per l’igiene personale: i tipici generi di emergenza di cui c’er acuto bisogno dopo che migliaia di persone erano rimaste senza più nulla, o con case troppo pericolanti per recuperare senza i più gravi rischi quanto serviva.
I volontari varesini si sono inseriti in un ingranaggio che dopo il (relativo) caos dei primissimi giorni ha funzionato secondo le previsioni. «I nostri turni erano dalle 7 alle 24 per chi operava alla Dicomac, con due turni notturni settimanali, per chi era ad Avezzano dalle 8 alle 20: come sempre nelle emergenze» rimarca con una punta d’orgoglio Colombo. Lavoro round the clock, quindi, a testa bassa: ben oliate rotelle varesine per un macchinario che andava a pieno regime. La possibilità di interagire, di visionare di prima mano gli effetti terribili del sisma su cose e persone, con un impegno così totalizzante è di necessità venuta a mancare. «Del resto nella Croce Rossa il personale è addestrato e abituato a non fare "turismo", a differenza della stampa (che per sua natura s’impiccia di tutto ndr). Abbiamo anzi l’obbligo di non allontanarci dai luoghi di servizio. E per chi voleva accedere ai centri erano necessarie delle autorizzazioni: quindi no, non abbiamo avuto modo di avere contatti diretti con i terremotati, pur aiutandoli al meglio delle nostre possibilità».

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