“Città del Messico semideserta, la gente ha paura”

Serena, una lettrice contattata via mail offre una testimonianza diretta di come la capitale messicana sta vivendo l’incubo dell’influenza suina. “Due amici hanno contratto il virus, ma stanno migliorando”

Una voce diretta ci giunge da Città del Messico. Serena Vasconi è una ragazza di 32 anni originaria di Tapigliano, un paesino dell’Alto Vergante sulla sponda piemontese del lago Maggiore in provincia di Novara, che da 5 anni vive, studia e lavora nella capitale messicana.
L’abbiamo raggiunta per farci raccontare dalla sua viva voce la situazione che si vive là dove è partito il focolaio dell’Influenza A, del virus H1N1. Serena ci offre uno spaccato di una società tranquilla e fatalista che questa volta,però, vive paura vera. Inoltre ci offre uno sguardo sul tipico potere dei mezzi di comunicazione in questo Paese a metà tra gli Stati Uniti e il Sud America, dove i media seguono e alimentano le onde emotive della popolazione.
 
Com’è la situazione oggi a Città del Messico?
«Anche se domani (oggi ndr) riaprono gli uffici, Cittá de Messico é ancora semideserta: non c’é traffico, le poche persone che camminano per la strada usano maschere, gli uffici e i ristoranti sono chiusi.
La vita non é ancora tornata alla normalitá, soprattutto in cittá, ma l’atmosfera é migliorata rispetto a settimana scorsa.
Il governo ha preso varie precauzioni che hanno tranquillizzato un pò la popolazione. Il fatto di avere per lo meno le prove rapide per individuare il virus e le medicine per curarlo ha aiutato a controllare la psicosi collettiva. Ciononostante questa epidemia e la difficoltá del governo di mantenerla sottocontrollo ha evidenziato i giá palesi limiti del sistema della salute pubblica messicana e la poco fiducia e credibilitá delle istituzioni in generale».
 
Che idea si è fatta di cosa sta avvenendo ed è avvenuto vivendo in Messico?
«Vivo qui da cinque anni e per la prima volta ho visto i messicani veramente preoccupati.  Questa è forse la cosa che mi ha fatto piú paura. Insomma quí é da molti anni che ne vedono di tutti i colori: la crisi economica, la svalutazione del pesos, la corruzione, la guerra tra l’esercito e i trafficanti di droga, giusto per menzionare solo alcuni dei grandi problemi che ha vissuto e sta vivendo il Messico.
E nonostante tutto i messicani, con un po’ di fatalismo, tirano avanti abbastanza tranquillamente.
Peró questa volta sembrerebbe che i mezzi di comunicazione abbiano saputo toccare i tasti giusti per creare una psicosi collettiva che rischia di dare un colpo durissimo a un’economia giá in difficoltá. I giornali ti sbattono in faccia titoloni da fine del mondo, inventano cifre, le cambiano, ognuno dice la sua… e questo alimenta il panico».
 
Che ruolo hanno giocato secondo lei i media in questa faccenda?
«I mezzi di comunicazione in Messico, a mio modo di vedere, hanno approffittato della situazione per vendere di piú, contribuendo significativamente a generare il panico.
In piú, molto spesso hanno dato informazioni, parziali, sbagliate o infondate. Settimana scorsa parlando con i miei clienti in Europa o con la mia famiglia in Italia mi sono resa conto che erano meglio informati di me».
 
Hai mai pensato di rientrare in Italia, anche solo per un breve periodo?
«I primi giorni dell’epidemia ho pensato di tornare in Italia, perché la situazione era molto confusa e si stava parlando della possibilitá di chiudere le frontiere. Peró ho preferito andarmene in campagna una settimana e capire che cosa stava realmente succedendo».
 
Il governo come sta agendo?
«Il governo prima di tutto ha chiuso le scuole e poi gli uffici. Dato che in Messico non ci sono le strutture necessarie per fare i test del virus, ha distribuito ai centri di salute e agli ospitali dei "test rapidi" che permettono stimare la presenza del virus e intervenire a tempo».
 
In città stanno ripartendo i servizi o è ancora una metropoli fantasma con le sole lunghe colonne a ospedali e farmacie?
«In cittá la vita si é fermata, ma nel resto del paese le cose stanno giá tornando alla normalitá».
 
Conosce qualcuno che ha contratto l’influenza?
«Ho due amici che si sono ammalati».
 
Come stanno?
«Hanno dovuto stare chiusi in casa due settimane, ma hanno ricevuto le cure necessarie a tempo e ora stanno bene. Mi sono sembrati meno preoccupati del resto della gente».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 06 Maggio 2009
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